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Cronaca
13.04.2018 - 14:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:51

Dove ci sono vittime, ci sono carnefici. E se il bullo è tuo figlio? "Spiegagli e mostragli le conseguenze, incitalo a chiedere scusa. Ma non colpevolizzarti e prova a capire perché ha fatto così"

I numeri del fenomeno bullismo sono sempre in crescita. Un'esperta si mette dalla parte dei genitori dei bulli e consiglia, "ascoltatelo prima di tutto. I motivi che lo spingono possono essere scarsa autostima, rabbia, richiesta di conferma, o essere stati vittima a sua volta"

MILANO – In questa ricerca si parla di Italia, qui forse possono cambiare i numeri, ma la cattiveria è universale. Quando si parla di bullismo, infatti, tutto il mondo è paese, come si suol dire: ricordate quanto decidemmo di dedicare la giornata al tema, in onore di Boris Bernasconi, il 19enne scomparso e ritrovato morto nel Cassarate? Arrivarono un fiume di testimonianze, da nodo in gola. 

Ma se ci si trovasse dall’altra parte, ovvero il bullo fosse il proprio figlio? Dove c’è una vittima, c’è almeno un carnefice, è un’equazione.

Tornando all’Italia, secondo un’indagine effettuata nel 2016 da Doxa Kids in collaborazione con Telefono Azzurro, su circa 6mila ragazzi e adolescenti, il 35% dei ragazzi dagli 11 ai 19 anni è stato vittima di epimeri da spavento, e appunto, magari possono differire, però la problematica è sempre quella.

Nan Coosemans, family coach che da circa vent’anni lavora nel mondo dello sviluppo personale a contatto con bambini e adolescenti percorso di crescita personale e autrice, analizza l’altra medaglia: come capire se tuo figlio è un bullo, e come reagire? “Alcuni segnali sono più indicativi di altri. Ad esempio se parla spesso male degli altri o lo fa in modo aggressivo, se ha più vestiti, giochi, soldi o altre cose che non dovrebbero appartenergli. ‘Come li ha avuti?’è la prima domanda da farsi”. Agire in fretta aiuta a prevenire ed ad impedire che i ragazzini si trasformino in piccoli criminali. Se gli indizi sono questi, lo divengono 8 su 10.

E Coosemans indica dieci punti per arginare il fenomeno, basati sulla consapevolezza del male che si sta facendo e sul dialogo.

“Innanzitutto è necessario mettersi in posizione d’ascolto: ascolta bene le sue parole, è necessario scoprire perché crede che quello che fa sia giusto. Spesso i ragazzi hanno un’ottica completamente diversa rispetto a noi al resto della società”, inizia. “Parla con gli altri genitori per capire se anche i suoi amici hanno l’atteggiamento da bulli o se lui è il leader. Fai un passo indietro:è stato in prima persona vittima di bullismo in passato e adesso sta tentando di difendersi?”

Poi, “spiegagli a quali conseguenze può arrivare con quello che sta facendo, magari mostragli dei video su Youtube in modo da capire meglio come si sente la vittima. In questo modo non passi troppo da ‘insegnante’e lui accetterà di più il confronto”. Insomma, terapia d’urto. Ma nel contempo, “cerca di essere sempre d’ispirazione e d’esempio a casa, se c’è un comportamento che denota mancanza di rispetto o violento, i figlio lo coglieranno come un lasciapassare per certi atteggiamenti. Siediti insieme a lui o a lei per lavorare su un nuovo obiettivo. Puoi anche creare un gioco dei ruoli, per aiutarlo a capire come reagire in determinati contesti, poiché spesso i ragazzi non hanno ancora gli strumenti per affrontare certe situazioni in maniera indipendente e ragionata”.

La psicologia aiuta, “premialo per un comportamento positivo: più attenzione viene posta sul positivo,più lui si sentirà motivato e spronato a migliorare”.

E se davvero è un bello, “se tuo figlio è consapevole di quello che ha fatto o sta facendo fai in modo che sia lui a scusarsi con l’altro. Anche se è un passo difficile dopo si sentirà meglio. Rimani connesso con tuo figlio, continua a parlare con lui ed ad avere una comunicazione aperta quanto più possibile priva di giudizi:deve sentirsi al sicuro per poterti parlare e individuare in te un punto di riferimento stabile”.

Essenziale, fa notare, è che i genitori dei piccoli bulli intervengano ma non si colpevolizzino. Piuttosto, è necessario chiedersi quindi perché il proprio figlio sia arrivato a essere un bullo. “Scarsa autostima, desiderio di affermare il proprio controllo o potere, o ancora una modalità per esprimere rabbia e frustrazione, ‘richiesta’ di conferma da parte degli amici di quanto sono ‘cool’ sono spesso le leve di certi comportamenti. Non dimentichiamo però che in 5 casi su 10 il bullo è stato a sua volta vittima in passato e ha un esempio negativo in casa, che gli fa presumere che porsi in modalità prevaricatoria sia giusto, oltre che possibile”.
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