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Cronaca
27.08.2016 - 09:090
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

L'attivista, «profughi, dal Brennero si può passare. È inutile che restiate a Como»

La donna che ha aiutato due ragazzi a entrare in Svizzera col battello racconta come i richiedenti l'asilo vengono aiutati a varcare i confini. E di Como e delle guardie svizzere dice che...

COMO - Da anni è attiva nell'aiutare a vario titoli i migranti, anche nella Marina Militare italiana, ma il suo nome è salito alla ribalta quando ha aiutato due persone a entrare illegalmente in Svizzera tramite un battello. L'abbiamo raggiunta per farci raccontare l'episodio.Ci racconta cosa ha fatto ieri?«Voglio premettere che non è qualcosa che faccio usualmente, mi sono sentita di farlo perché uno dei due ragazzi è uno dei 700 migranti che erano saliti sull'ammiraglia della Marina Militare su cui ero io. Eravamo due medici e due infermieri e prima di arrivare al porto siamo stati quasi 24 ore con loro, e ho parlato a lungo con queste persone. E rivedere il ragazzo a Milano, dopo averlo fatto scendere ad Augusta il 21 di luglio, mi ha emozionato. Ne ho visti altri 11, è un piacere: avevo assistito al loro salvataggio, un momento molto emozionante per noi e per loro, è come ridare loro la vita, mettendoli al sicuro quando sono a rischio di morte. Ha provato col suo amico a prendere il treno per la Germania per qualche giorno, senza mai riuscirci. Assieme ad altre volontarie ho proposto loro di passare col battello, a Locarno li abbiamo messi col treno e alle 23.30 sono arrivati a Francoforte. È stato tutto molto semplice, non credevo che si scatenasse un putiferio del genere».Aiuta spesso, in altri modi, profughi a passare illegalmente un confine?«Tanto spesso no. Li aiutiamo in tanti modi, magari pagando loro il biglietto, oppure accompagnandoli, ma mai con la Svizzera. Dal Brennero ci sono molti attivisti che si occupano di farli passare, col treno. Da Milano in tanti partono, non tutti riescono a passare, ma in diversi ce la fanno, non so come. Una volta personalmente ho accompagnato al treno, lì al Brennero, un padre con tre figli. Ieri è stato diverso, bisognava cercare un passaggio essendo chiuse le frontiere, ma è qualcosa di eccezionale».Stava violando la legge svizzera, ne era consapevole?«Lo so, anche quella italiana. Un po' di timore c'era, ma in me prevaleva, all'80%, il desiderio di aiutarlo a raggiungere una destinazione a cui teneva molto, al 20% c'è il timore, ma se arriveranno dei problemi li affronterò. Secondo la mia etica, non ho fatto nulla di male. Se capitasse l'occasione e se fossi di fronte a una persona per cui il passaggio è molto importante lo farei, altrimenti gli darei una mano come faccio di solito, dandogli da mangiare, da dormire e fornendogli le informazioni necessarie. I ragazzi della nave per me erano come figli salvati dal Mediterraneo, ritrovarli è stato particolare».Cosa pensa della situazione a Como?«Ci sono stata sabato, un giorno in cui pioveva a dirotto. A Milano ci sono stati periodi in cui in stazione la situazione era molto peggio, il problema di Como è che la zona della stazione è piccola ed è più evidente. I profughi sono sdraiati per terra, bisogna scavalcarli per uscire dalla stazione. A molti ho detto di tornare a Milano: da Como non passano, mentre dal Brennero lo possono ancora fare, dunque da Milano hanno più possibilità. Qualcuno ha seguito il consiglio, probabilmente non sanno come vanno le cose. A Como c'è un solo treno che tutti vedono, non c'è nessuna possibilità di salire, Milano è enorme e dai treni possono lasciare l'Italia, ogni tanto paghiamo noi i biglietti. Probabilmente qualcuno va anche con dei passatori, questo non lo so».Qualcuno si lamenta delle guardie svizzere: com'è il loro operato?«Da quello che ho visto non facevano nulla di particolare. Però è successo un episodio strano..».Cioè?«Sono stati portati dei fogli con scritto che per due giorni si potevano attraversare le frontiere, e tutti si sono accavallati per firmare, e hanno tentato di salire sul treno. Non so chi da chi erano firmati quei fogli, io non li ho visti, c'erano i volontari che li facevano firmare ai migranti. Degli amici di Medici senza Frontiere sono andati in auto al confine a vedere cosa succedeva. Non hanno fatto passare nessuno, e lì mi hanno detto che le guardie sono state abbastanza cattive».Secondo lei, che sentimento prevale negli svizzeri verso i rifugiati?«C'è molto odio, solo odio, dai commenti che leggo online. Non ho idea di perché, anche in Italia è così, non c'è differenza. Probabilmente chi difende i profughi non scrive e non commenta, e se lo fa è una voce su cinquanta».Sapendo questo, non ha paura a fare ciò che fa?«Perché dovrei? Vengono a casa mia? Non ci penso proprio, per queste persone ho fatto ciò che mi sentivo di fare, aiutandoli a crearsi una vita nuova lasciandosi un passato di sofferenza alle spalle».
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