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21.05.2016 - 14:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

«Trattata come una criminale dalle guardie di confine», che replicano «a noi nessuna segnalazione»

Samah, svizzera di origini egiziane, è stata controllata dopo aver aiutato quattro cittadini somali a fare una telefonata. Ricci: «se qualcuno ha qualcosa da dire, siamo i primi a voler far chiarezza»

MELIDE - Una cittadina svizzera di origini egiziane ha raccontato al portale GAS social di essere stata «trattata da criminale» dalle guardie di confine, a suo dire senza motivo e perché con la pelle scura. Tutto inizia quando la donna, di nome Samah, accompagna degli amici alla stazione. Lì, quattro cittadini somali le chiedono di poter fare una telefonata. Dato che non ha con sé il cellulare (e neppure i documenti, essendo uscita di fretta da casa), ne porta uno nei pressi della sua abitazione, lo fa chiamare e lo riaccompagna. A quel punto, un agente delle guardie di confine la ferma e le chiede, «in modo parecchio sgarbato», i documenti. Samah non li ha con sé, e racconta che cosa era appena successo, e invita l'agente a seguirla a casa per vedere i documenti. «Senza una parola mi ha preso il telefono di mano mettendoselo in tasca, intimandomi di seguirlo per un controllo», prosegue la testimonianza della donna a GAS. In stazione, l'agente «mi ha indicato un gradino per terra, in mezzo alla strada, intimandomi di sedermi là. In un luogo pubblico, per terra!». La donna si rifiuta, «mi scappava da ridere per l’assurdità della situazione, ma al tempo stesso sentivo montare dentro un senso di indignazione per un trattamento simile, senza che io avessi fatto assolutamente niente!». Nel frattempo, un collega dell'agente parla con i quattro somali, che gli dicono come Samah li ha accompagnati in stazione dall'Italia, ma la colpa è probabilmente da imputare all'inglese stentato dei quattro. La donna ripete la storia all'altro agente, che «ha la buona idea di chiedermi la carta grigia dell’auto, non mancando peraltro di perquisire anche l’automobile, chiaramente in mezzo alla strada e davanti ai miei compaesani, che ben mi conoscono. Verificato quello che c’era da verificare (ovvero nulla, dato che non avevo fatto niente), e giunta sul posto anche la polizia cantonale, l’equivoco veniva chiarito e mi lasciavano andare. Ovviamente non ho ricevuto nessun tipo di scuse, solo giustificazioni vaghe». Abbiamo girato l'indignazione della donna («penso che simili atteggiamenti siano del tutto inaccettabili in un ordinamento democratico: soprattutto, mi sembra assurdo che si venga accusati di chissà cosa solo perché si è andati in aiuto di qualcuno in difficoltà») al responsabile della comunicazione delle guardie di confine, Mirko Ricci. «A noi non è giunto nessun reclamo ufficiale. Se qualcuno avesse qualcosa da dire siamo i primi a voler fare chiarezza, ma ad oggi non ci è arrivata nessuna segnalazione».
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