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02.09.2016 - 14:150
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

LIA sì o LIA no? In ogni caso, gli artigiani chiedono aiuto alla politica

L'iniziativa di Andrea Genola per mostrare la contrarietà all'albo sta avendo successo, dall'altra parte l'Unione Associazioni dell'Edilizia appoggia la LIA ma non vuole passi indietro dei politici

BELLINZONA - Mentre l'iniziativa di Andrea Genola per manifestare dissenso alla LIA sta raccogliendo, come conferma lui stesso, una partecipazione oltre alle aspettative, diversa è la versione dell’Unione Associazioni dell’Edilizia: la legge è sostenuta dalla maggior parte degli artigiani, i quali però desiderano maggior coerenza da parte della politica. Dunque, mentre Genola spiega a ticinonews che qualcuno gli ha anche chiesto di scendere in pizza (ipotesi però che non gli piace) e che in molti gli hanno raccontato di essere costretti a chiudere o a lavorare illegalmente perché non hanno i requisiti richiesti per iscriversi all'albo, l'Unione Associazioni dell'Edilizia afferma che «la LIA è stata fortemente voluta dall’artigianato edile ticinese per tentare di riequilibrare una situazione divenuta negli ultimi anni insostenibile, a causa di una concorrenza sleale sempre più agguerrita e di una presenza di manodopera estera ormai incontrollata, in particolare a partire dal 15 gennaio 2015 a seguito del deprezzamento dell’Euro che, di fatto, ha ulteriormente aumentato la competitività degli artigiani italiani del 20-25%. E questo senza dimenticare che – nonostante le misure di accompagnamento agli Accordi bilaterali – i costi della manodopera estera risultano essere nettamente inferiori ai nostri». Nel comunicato, vengono riepilogati numeri e dati relativi alla situazione del mercato ticinese, con chiusure e il proliferare di aziende bucalettere e di imprese fondate da psuedo-imprenditori. La LIA è stata voluta «in assenza di segnali che potessero far sperare in un’inversione di tendenza e non potendo semplicemente assistere passivamente al deterioramento del settore». Gli artigiani affermano però di non poter accettare «una situazione discriminatoria per le aziende ticinesi e tantomeno dei passi indietro da parte della politica. Rammentiamo che nel 2015 la legge è stata sostenuta dai capigruppo di tutti i partiti politici e votata a stragrande maggioranza dal Gran Consiglio e questo sicuramente non a caso! In questo frangente, riteniamo pertanto indispensabile che ognuno si assuma le proprie responsabilità». Invitano dunque il Consiglio di Stato a sostenere la legge, in particolare in relazione ai fatti che «deve essere applicata nella medesima misura sia agli offerenti locali che esterni (per evitare una disparità di trattamento), deve poter preservare interessi pubblici preponderanti (la qualità e la sicurezza nei lavori, il rispetto delle leggi, la salvaguardia di posti di lavoro e di apprendistato), contro di essa e i sui contenuti non è stato inoltrato alcun ricorso (né contro la legge né contro il regolamento di applicazione)». Viene detto come sono già 1'900 le ditte che hanno fatto richiesta di iscrizione all'albo, e che dunque «si può sicuramente affermare che la LIA, cantonalmente, è largamente condivisa. Doveroso evidenziare che, per il committente, l’iscrizione all’albo LIA di un artigiano rappresenta indubbiamente una maggiore garanzia di qualità di prestazione in termini complessivi, sia tecnici che sociali, per cui ogni ticinese dovrebbe esserne cosciente. Questo progetto, chiaramente sostenuto dalla maggioranza delle aziende, si aspetta ora anche una coerenza politica, priva di tentennamenti, a salvaguardia dell’interesse cantonale». Per contro, Genola si è preso l'impegno di portare le firme ed anche le storie di chi, a causa della situazione economica ed anche dell'albo e dei suoi criteri restrittivi, rischiano la chiusura. Due visioni opposte, che in comune hanno le difficoltà che vivono gli artigiani ticinesi, che chiedono risposte alla politica.
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