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27.09.2016 - 16:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

«La scuola ostaggio della politica. Che non sia uno strumento di indottrinamento!»

Lo storico ed esperto scolastico Sandro Guzzi-Heeb auspica che «i dicenti possano tornare a svolgere il loro ruolo e che le innovazioni siano proposte da esperti e non da politici di parte»

BELLINZONA - Adeguare la scuola alla società, parlando e spiegando ogni novità? Non per forza: il compito principale dei docenti è insegnare, quello degli allievi imparare. L'opinione, un po' controcorrente rispetto alle consuete, è di Sandro Guzzi-Heeb, storico e esperto al Liceo e alla Scuola di Commercio, pubblicata oggi su La Regione. «Negli ultimi anni si assiste, sia in Ticino che in Svizzera, a una tendenza pericolosa: la presa in ostaggio della scuola da parte della politica», esordisce, parlando di un fenomeno non nuovo, volto a influenzare le coscienze dei giovani alunni, e «spesso anche sugli orientamenti politici di futuri cittadini e cittadine». Guzzi-Heeb cita a esempio il sentito tema della droga, su cui in molti chiedono alla scuola di fare prevenzione, o i problemi di coesione sociale, cui gli istituti scolastici cercano di mettere una pezza insegnando in qualche modo le lingue nazionali. «Buone idee, in apparenza, ma nella pratica poco realizzabili nelle scarse ore a disposizione, senza andare a scapito di altri obiettivi. Eppure nel frattempo si moltiplicano le proposte animate da malcelati obiettivi politici». Come il fatto di far cantare l'inno alle elementari, o le discusse materie di civica e storia delle religioni. Per lo storico, bisogna mettere uno stop a tutto ciò. «Nel Canton Berna il direttore del Dipartimento dell'educazione, Berhard Pulver, è diventato uno dei politici più popolari decretando una battuta d'arresto alle riforme, per dar modo a docenti e allievi di riprender fiato e forse di tornare a concentrarsi sul loro compito principale, l'insegnamento». Ciò non significa essere contrari a ogni idea innovativa ma «i progetti d'innovazione devono essere elaborati da specialisti dell'insegnamento e non da politici. E soprattutto non devono prescrivere ai docenti contenuti politici, né temi e soggetti da trattare. La scuola deve rimanere uno strumento di formazione e crescita individuale e non diventare oggetto di propaganda o - peggio ancora - uno strumento di indottrinamento politico». Come dunque preparare i giovani alle sfide del presente e del futuro? «Dando loro una solida formazione di base, insegnando loro delle strategie di apprendimento e soprattutto motivandoli a imparare e riflettere, piuttosto che rincorrendo anno dopo anno i nuovi temi di moda o nuove problematiche individuate per loro da politici di parte». Civica e storia e religioni sono secondo l'esperto già contenute nelle ore di storia, e per preparare i ragazzi ai temi sociali si devono rafforzare le scienze umane, «senza sovraccaricare i programmi e rischiare di demotivare gli allievi e le allieve». Una scuola, in un certo senso, vecchia maniera, senza materia nuove, e senza occuparsi specificatamente di temi di interesse attuale. Neutralità per aiutare i ragazzi ad avere le basi per riflettere da soli. Un passo indietro rispetto alla direzione presa da molte politiche scolastiche, o solo un modo diverso di impostare l'insegnamento, per non correre il rischio di poter in qualche modo influenzare le opinioni dei giovani? Una visione, ad ogni modo, diversa dal solito.
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