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06.01.2017 - 21:440
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Rossi inferisce sugli impianti sciistici. «Che senso ha regalare soldi dello Stato? I politici e gli scambi...»

I proprietari degli impianti di Carì e del Nara chiedono la disoccupazione parziale per i dipendenti. Tuto Rossi: «sussidi a fondo perso per avere voti. Per salvare quattro macellai e cinque panettieri...»

BELLINZONA - I proprietari degli impianti di sci di Carì e del Nara hanno chiesto la disoccupazione parziale per i loro dipendenti, e Tuto Rossi si scaglia contro la politica, rea, per avere qualche voto, di votare sussidi a fondo perso a favore delle stazioni sciistiche. Per Rossi, investire negli impianti è un fallimento, e per su Facebook parte da lontano per spiegarlo. «Nara e Carì ecco un esempio dove i politici non hanno il coraggio di dire no. Il compianto Avvocato Hans Hochstrasser (la cui famiglia ha portato la Migros in Ticino) mi raccontò che agli inizi degli anni 70, Migros venne chiamata a finanziare gli impianti di Carì. Prima di accettare, Migros ordinò una perizia da cui risultava che il rischio di mancanza di neve era troppo alto e rifiutò di entrare nel progetto». Poi, il riscaldamento climatico e gli inverni primaverili hanno fatto il resto, rendendo difficile la vita degli impianti, «ma i Gran Consiglieri hanno continuato a votare palate di milioni per tenere in piedi impianti senza senso (ancora oggi il sito del Nara propaganda la Scuola Svizzera di Sci ...), con la scusa della creazione di posti di lavoro che evitano lo spopolamento delle valli. In realtà era capitata la solita cosa; in cambio di voti nella prossima legislatura, politici di tutti i partiti avevano accettato di votare l'ennesimo sussidio a fondo perso». Soldi inutili per Rossi, «che senso ha regalare 500'000 franchi per poi distribuire 250'000 franchi di salari? Se nessuna impresa privata fa un simile assurdo investimento (e Migros giustamente non lo ha fatto), perché deve farlo lo Stato? Ora siamo alle solite. Il costo della mancanza di neve viene caricato sulle spalle dei cittadini, anche di quelli che non sciano (perlomeno sull'erba)», alludendo alla richiesta di disoccupazione parziale. «Scommettiamo che il Gran Consiglio invece di ordinare un saggio smantellamento degli impianti, voterà altri milioni sperando che Giove ritorni alle abitudini del 1800?» A chi ribatte che le stazioni sciistiche servono per far funzionare il turismo e tenere in vita i commerci delle valli, risponde piccato: «L'indotto creato dal finanziamento dello Stato, in realtà è una droga, perché non produce ricchezza ma dipendenza (dai sussidi), e quindi economia parassitaria. Se lo Stato smette di pompare danaro gli artigiani i panettieri e i macellai di Olivone e Faido tornano in fallimento. Con tutta la comprensione, ha senso sperperare milioni di franchi di tutti i ticinesi in impianti sciistici senza neve, allo scopo di tenere aperti quattro macellai e cinque panettieri che non riescono a reggersi sulle loro gambe (perché la gente in mezz'ora di auto va alla Migros e compra tutto)? Allora bisognava sussidiare anche gli arrotini e i magnan della cui perdita ci doliamo tutti. Tuttavia questi sperperi di denaro pubblico non possiamo più permetterceli». Una posizione che, probabilmente, non piacerà ai cittadini delle zone di montagna, e ai loro politici.
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