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08.09.2017 - 09:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Se Facebook prende il posto dell'osteria: chiacchiere, pettegolezzi e relazioni da analizzare. "Ma dov'è il confine fra pubblico e privato di un politico?"

Righinetti riflette sul dilagare di casi come quello di Mattei. "Un momento d'incapacità di pensare prima di scrivere e la frittata è fatta. Ancor più imbarazzanti sono le scuse. Ma l'indignazione è a geometria variabile e i social saranno sempre più importanti nelle elezioni"

BELLINZONA - La politica si sta trasferendo sui social, riflesso in fondo della vita di tutti i giorni. Non si dice nulla di nuovo sostenendo che il mondo di oggi ruota attorno allo schermo di un cellulare e si scade nella banalità affermando che il contatto umano è stato sostituito da quello virtuale. Però ciò significa che determinate dinamiche si siano rapidamente trasformate, e la politica, che è specchio della società e spesso divide, quasi come uno sport con sostenitori di un fazione contro sostenitori dell'altra, la segue a ruota.

Nulla di nuovo, insomma. Ma il caso del post omobofo di Germano Mattei rivolto a Daniele Caverzasio ha fatto tornare d'attualità il dibattito, perchè spesso a scivolare sui tasti del pc non sono solo comuni cittadini ma personaggi pubblici, eletti dal popolo. E Mattei non è certamente il primo, si pensi per esempio a Lisa Bosia Mirra o ad Adriana Sartori. Riflessioni scritte al volo, senza magari riflettere sulle conseguenze. 

In merito, ieri Gianni Righinetti ha scritto una condivisibile e articolata opinione sul Corriere del Ticino: ci permettiamo di riproporla quasi integralmente. 

"Dove sta il confine tra pubblico e privato per un personaggio politico? Cosa deve interessare i cittadini e cosa invece deve appartenere alla sfera personale, quando non intima? Sono interrogativi sempre più attuali in una realtà che porta a parlare e sparlare di tutto e di tutti senza alcun freno inibitorio. Il fenomeno è in crescita e fa registrare picchi di rabbia, di acredine e di una sostanziale mancanza di misura ed equilibrio civico da lasciare allibito anche il più rozzo scaricatore di porto", inizia.

"Un tempo ad andare per la maggiore era il pettegolezzo da osteria davanti a un tazzino di merlot: si parlava e sparlava in libertà dei compaesani mettendo in risalto le questioni che sempre hanno solleticato la curiosità umana: i soldi, usi e costumi, ma soprattutto le relazioni. Ma il tutto restava confinato in una cerchia ristretta di persone. Anche se tanti sapevano, pochi ne parlavano, soprattutto a livello pubblico, se non sotto l’effetto eccitante e inebriante dell’alcol. Oggi Facebook ha preso il posto dell’osteria e il suo effetto dirompente a livello pubblico può essere devastante. Per lasciarsi prendere la mano dai social non serve un bicchiere di vino e neppure una chiacchierata sopra le righe. Basta sentirsi per qualche istante un leone da tastiera, aggiungere a questo stato di euforia e delirio da onnipotenza qualche parola grossa su una persona pubblica e finire per alimentare il pandemonio tra sostenitori e detrattori della propria tesi".

"I social, che hanno marcato le elezioni del 2015, sono già candidati ad assumere la predominanza delle opinioni, dei pensieri e degli insulti alle cantonali del 2019. Il processo, ad oggi, appare come irreversibile perché se ai tempi delle discussioni politiche senza social si assisteva a dei botta e risposta (anche pepati) sulle idee, oggi il passaggio all’insulto, alla denigrazione, al giudizio morale e moralistico sulle abitudini sessuali di un personaggio politico è immediato. Basta un momento di sbandamento, d’incapacità di pensare prima di pigiare i polpastrelli sulle lettere della tastiera componendo una parola compromettente e la frittata è fatta".

"Queste storie, che potremmo ormai definire di ordinaria denigrazione, seguono una parabola consolidata: Facebook, l’euforia, la tastiera, lo scatenarsi di favorevoli e contrari, per terminare con le scuse pubbliche e un generico «ma in realtà io non volevo dire che...». Forse quest’ultima parte è la più vergognosa perché fa emergere la codardia, uno dei peggiori difetti della natura umana. Ad ognuno di noi va riconosciuto il diritto di sbagliare. Ma pretendere che una scusa, a volte neppure tanto convincente, cancelli l’errore e che, impunemente si tratti ogni parola sopra le righe con leggerezza, come fosse una ragazzata, perché sullo sfondo ci sono i social, una sorta di una zona franca dell’insulto, non è tollerabile. Poi c’è l’indignazione a geometria variabile e selettiva". 

"A noi i comportamenti e le abitudini sessuali (se non sconfinano nel diritto penale) di un personaggio pubblico interessano un bel niente. Il confine è il non rispetto della legge, il palese conflitto d’interessi, come pure il comportamento di quei politici che predicano bene ma razzolano male. Spettegolare su quanto sta dietro la porta di casa di un privato cittadino (politico o no) scrutando dal buco della serratura è puro voyeurismo".

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