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06.03.2024 - 09:340

"Educazione, sciopero e insegnanti. A difesa di una categoria privilegiata"

Cristiano Poli Cappelli: "Dobbiamo rispettare il ruolo di chi dedica la sua vita ai giovani che sono stati privati negli ultimi vent’anni, di figure di riferimento esemplari"

di Cristiano Poli Cappelli *

Gli insegnanti non servono a nulla. Urliamolo tutti insieme. Non è, forse, quello che molti pensano? L’attuale intellighènzia, non solo ticinese intendiamoci, non perde occasione per far passare la morale più o meno implicita che quella dei docenti sia “una categoria privilegiata” che guadagna stipendi del tutto sproporzionati a quello che fa, con settimane di vacanze retribuite, con il posto garantito a vita, e chi più ne ha più ne metta. Ne abbiamo avuta dimostrazione in questi ultimi giorni, quando tanti esponenti politici e non si sono scagliati contro i dipendenti pubblici e del settore sociale che hanno scioperato, in numero ragguardevole, a Bellinzona, non tanto contro i tagli paventati ma contro un certo modo di intendere la politica, una politica che considera il diritto stesso di sciopero come un qualcosa di inaccettabile.
Eppure, tornando ai docenti, si potrebbero citare numerosi studi per dimostrare che la tanto privilegiata categoria dei docenti è una delle categorie più a rischio per la sindrome da Burnout, peraltro con un continuo aumento di casi. La sindrome da Burnout è caratterizzata da esaurimento psicofisico sempre più grave, frustrazione, incapacità di avere il controllo del proprio lavoro, riduzione delle performance, della concentrazione, della creatività e sfocia spesso e volentieri nella depressione. Non si tratta di fantasie, ma di un qualcosa con cui moltissime categorie di lavoratori hanno a che fare. Ma come? Non stavamo parlando di una categoria di privilegiati, con carichi di lavoro blandi e poco stressanti? Non dicevamo che gli insegnanti lavorano meno rispetto ad altre categorie?
Certo, se considerassimo il lavoro del docente come quello di una figura il cui unico scopo è compilare scartoffie prendendo atto delle differenze intellettive e di rendimento tra gli allievi, il cui unico compito è prendere atto della situazione di una classe scolastica senza far nulla se non dare fiato a parole vuote per qualche ora, potremmo essere d’accordo. Peccato che coloro che oggi si indignano per lo sciopero avvenuto giovedì scorso, definendolo “poco comprensibile” o, addirittura “assurdo”, dimenticano che i docenti hanno spesso un ruolo ben più nobile e rilevante. Spetta ai docenti - non solo a loro ovviamente - tentare di colmare quelle differenze sociali che, di fatto, limitano la realizzazione di un principio fondamentale delle costituzioni moderne: le pari opportunità tra gli esseri umani. Gli insegnanti hanno spesso il ruolo di accogliere situazioni drammatiche ed esigenze umane a volte imprevedibili, pur dovendo continuare a trasmettere il loro sapere in modo dinamico, creativo, equilibrato. Coloro che sminuiscono il ruolo dei docenti dimenticano che gli insegnanti hanno il delicato compito di formare dei cittadini che si appassionino alla cultura, alla letteratura, alla filosofia, alla storia, alla matematica e non robot e soldatini che sappiano rispondere in coro: sì! Parliamo di compiti complessi, delicati, profondamente stressanti.
La verità è che certa politica sa perfettamente che il ruolo dei docenti è più che essenziale. Lo sanno bene i dittatori di ogni epoca i cui primi e più importanti interventi sono proprio rivolti alla scuola ed alla neutralizzazione della sua funzione educativa: il luogo dove si possono manipolare le menti, il luogo dove si possono creare uomini influenzabili e privi di senso critico, che non abbiano il coraggio di esprimere il loro dissenso: anche con uno sciopero! La scuola è uno dei più importanti farmaci contro la dittatura, la mancanza di libertà, l’abbrutimento delle istituzioni.

Viviamo in tempi in cui dobbiamo affidarci alla funzione educativa della scuola, che va rinforzata, incoraggiata, valorizzata. Non è forse questo il motivo per cui Françoise Dolto parlava di “umanizzazione” anziché di educazione? Ridando dignità ai docenti e, di conseguenza, alla scuola, potremmo scoprire che una sua recuperata funzione umanizzatrice potrebbe aiutare a superare quelle profonde crisi in cui sono sprofondati i nostri figli, sempre più in difficoltà, sempre più depressi, indifesi ed impreparati ad affrontare le sfide del loro futuro. Potremmo scoprire che alcune risposte sono sotto i nostri occhi e che consistono nel rispettare il ruolo di chi dedica la sua vita ai giovani che sono stati privati negli ultimi vent’anni, di figure di riferimento esemplari. Non è un caso che proprio queste figure, del settore sociale ed educativo, sono proprio quelle che in questo momento si sentono più prese di mira dalle stesse istituzioni che dovrebbero sostenerle.


* Candidato Consiglio Comunale Lugano per Costituzione Radicale

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