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Cronaca
12.12.2016 - 17:330
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

«Ghettizzazione anziché integrazione!» La proposta di Brühlmann fa arrabbiare alcuni esponenti UDC

Marco Chiesa e Oreste Pejman indignati dall'idea dell'esperto di formazione dell’associazione svizzera dei docenti. Chi è e che cosa teorizza?

BERNA - Il nome di Jürg Brühlmann è divenuto celebre nei giorni scorsi. Costui è un esperto di formazione dell’associazione svizzera dei docenti, e, partendo dai risultati dell'ultimo test PISA, in cui i quindicenni svizzeri non sono risultati esattamente dei campioni di lettura, ha avanzato una proposta che sta facendo discutere. A suo avviso, le capacità di lettura dei ragazzi dipendono dall'apprendimento della propria lingua madre: se vi sono delle lacune, il giovane potrebbe risentirne a livello scolastico. Dunque, avrebbe più senso insegnare nelle scuole la lingua madre di chi ha un passato migratorio rispetto ad una seconda nazionale. Il riferimento, però, sarebbe soprattutto a chi ha un passato migratorio recentissimo, cioè soprattutto coloro che provengono dai paesi balcanici e dell'Est. Dunque, si dovrebbe introdurre a scuola l'albanese, per esempio? La tesi di Brühlmann, estremizzata, potrebbe essere questa. Così, a suo dire, sarebbe facilitato anche l'apprendimento della lingua del luogo, in teoria la prima lingua per i giovani allievi (il tedesco per chi vive nella Svizzera tedesca: in questo caso, di potrebbe ipotizzare che il francese venga sostituito con la lingua madre, che per chi vive all'estero diviene per forza di cose la seconda lingua). Al di là di quelli che potrebbero essere i benefici per i giovani allievi, la proposta ha suscitato l'indignazione di alcuni esponenti politici dell'UDC, vista come un ostacolo all'integrazione, che invece imporrebbe che gli stranieri acquisiscano la cultura e le abitudini svizzere. Il Consigliere Nazionale Marco Chiesa ha postato su Facebook, «Viva l'integrazione! Albanese al posto del francese? Non se ne parla neanche! Non mi risultata che l'albanese sia ancora lingua nazionale»". Anche il giovane Oreste Pejman, che pure ha un passato migratorio, tuona contro l'idea: «Insegnare le nostre lingue nazionali? Integrare bambini e ragazzi? Ma va! Meglio insegnare loro le lingue del loro passato migratorio... così potranno comunicare solo tra loro e mai integrarsi! Scusatemi per questa volta, ma devo dirlo: Che idea del c---o! Voglio sottolineare, per chi non l'avesse notato, che l'idea non viene da comunità straniere, ma proprio dall'Associazione svizzera degli insegnanti... cioè un'associazione Svizzera che promuove la ghettizazione dei ragazzi al posto dell'integrazione! Roba da matti!» I commenti si sprecano. Ovviamente, è bene precisare che nella tesi di Brühlmann non viene detto che gli svizzeri dovranno imparare una lingua dell'est, bensì che chi ha un passato migratorio da quelle zone potrebbe seguire alcuni corsi nella sua madrelingua per una questione di miglioramento dell'apprendimento, ma per diversi il futuro sarà «dovremo imparare l'albanese per integrarci con loro!». E viene proposto un paragone con gli USA, dove chi entra per cercare lavoro deve impegnarsi da subito a imparare l'inglese. In una società multietnica, nazionalismo, cultura e teorie di apprendimento si mescolano inesorabilmente, dando il via a polemiche...
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