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10.12.2023 - 17:350

Don Feliciani: "Natale! Dove è finito il Festeggiato?"

L'arciprete di Chiasso vede sempre meno rappresentazioni di Gesù Bambino. "Per qualcuno questa desacralizzazione è giusta perchè porta a una vera laicità tollerante e rispettosa, ma non l'integrazione passa dalla conoscenza"

di don Gianfranco Feliciani*

Alberi scintillanti, insegne luminose, Babbi Natale in tutte le versioni (anche sexy), fiocchi di neve, campi di sci, renne e orsacchiotti… ma del Festeggiato, neppure l’ombra! È come se Gesù, Maria, Giuseppe, gli angeli e i pastori non c’entrassero più con la festa del 25 dicembre. La mole impressionante di pubblicità che tutto riempie è assai attenta nel censurare ogni riferimento storico al Natale. Un’assenza che però stride e che genera in molti un senso di vuoto. Se la gente non capisce perché a Natale deve essere più felice che in altri giorni, è ovvio che parecchi si sentano tristi… Che festa è senza il Festeggiato?

E con i tempi che corrono non pochi vanno persino dicendo che questa desacralizzazione del Natale è positiva, poiché in una società multietnica solo l’azzeramento di tutti i segni religiosi può portare ad una vera laicità tollerante e rispettosa. Questa grossolana deduzione non tiene conto del fatto che tutto, e non solo la religione, può esprimersi in atteggiamenti di dogmatismo fanatico e violento. Anche un’ideologia antireligiosa può diventare un idolo con cui giustificare ogni aberrazione. Mi viene in mente una battuta di Woody Allen: “Uscivo con una ragazza e dovevamo sposarci, ma purtroppo fra noi era sorto un grave conflitto religioso: lei era atea e io agnostico. Alla fine ci siamo lasciati perché non riuscivamo a metterci d’accordo senza quale religione educare i figli”.

Assistiamo oggi a una strana contraddizione: da un lato si insiste nell’affermare che bisogna salvaguardare senza paura la nostra identità, la nostra storia e i nostri valori, e dall’altro si cerca di cancellare ogni cosa in nome della laicità. Ma una genuina laicità non si realizza censurando il nostro patrimonio culturale e religioso e quello dei vari popoli presenti in mezzo a noi, ma riconoscendolo quel patrimonio facendolo diventare una ricchezza comune, dentro uno spazio etico in cui tutti possano incontrarsi, dialogare e lavorare in sinergia. Se oggi per la nostra società multietnica la parola d’ordine è più che mai “integrazione”, va ricordato con fermezza che tale integrazione può avvenire solo mediante un’adeguata conoscenza delle diversità culturali. Non ci si integra senza conoscersi.

Qualche anno fa, sotto Natale, ero andato a trovare un amico non credente all’ospedale Beata Vergine di Mendrisio, dov’era stato ricoverato in seguito alla frattura di una gamba riportata sui campi di sci di St. Moritz e del San Bernardino. Lo salutai con una battuta: “Amico mio, ti parlo in termini laici per rispetto… E così ti sei fatto male sciando a… Moritz e al… Bernardino, e poi sei finito all’ospedale… Gaia Fanciulla di Mendrisio!”. Divertito rispose: “Il dispiacere più grande è stato quello di non essere potuto andare alla Messa di Natale per cantare l’Astro del ciel. Non sono molto credente ma il Natale ce l’ho nel cuore”. Avessero tutti la fede di questo mio amico “non molto credente!”.

*arciprete di Chiasso

 

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