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10.12.2015 - 14:310
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

La fine della Lega?

Un plauso a Norman Gobbi, ma la sua sconfitta segna una pietra miliare che chiude gli sbocchi oltre Gottardo per la Lega. Appuntamento alle dimissioni di Burkhalter

BERNA - Il titolo è volutamente provocatorio, non se ne abbiano a male i militanti leghisti, e non gioiscano anzitempo gli altri. Eppure, la mancata elezione di Norman Gobbi in Consiglio federale, che - va riconosciuto - non ha affatto sfigurato, segna una pietra miliare per il movimento di Via Monte Boglia. Entrare in Consiglio federale avrebbe indubbiamente avuto una portata dirompente per la politica cantonale, consacrando definitivamente il successo degli eredi di Giuliano Bignasca. E probabilmente anche questo ha pesato sulla scelta. Col timore di essere messe all'angolo, le altre forze politiche non si sono stracciate le vesti più di tanto per il "candidato UDC last minute". La sconfitta di Gobbi è soprattutto dettata da logiche nazionali, su cui hanno disquisito in molti, in lungo e in largo, ma anche da due cause prettamente ticinesi. La prima è la presa di posizione del gruppo socialista, che chiaro e tondo ha dichiarato «ineleggibile» il candidato leventinese, puntando tutte le fiche sul "minore dei mali" Parmelin. Posizione ferma sollecitata con ogni probabilità dai socialisti ticinesi, preoccupati per uno "sdoganamento" leghista a Berna. Difficile biasimarli, in considerazione di come la Lega si scaglia contro il PS. La seconda ragione è invece da ricercare ne "Il Mattino della Domenica", che, in particolar modo nelle ultime settimane, nonostante la candidatura Gobbi non ha attenuato i toni. Una scelta legittima, ma se ormai noi "Cincali" siamo abituati allo sbraitare domenicale, chi oltre Gottardo ha dato un'occhiata al foglio leghista probabilmente non ha trovato la motivazione per dar fiducia a Gobbi. La Lega quindi potrà ancora spadroneggiare a sud delle Alpi, conquistando magari ulteriore terreno, ma la porta per Berna sarà sbarrata per lungo tempo. Impossibile infatti pensare che il successore di Ueli Maurer possa essere ticinese. In termini politici l'unica via possibile per i leghisti è quella di un (lungo) fidanzamento con l'UDC, per dare uno sbocco alle proprie ambizioni sul piano federale, anche se le dichiarazioni di Lorenzo Quadri e Attilio Bignasca, sul mantenimento della linea dura del proprio organo di informazione, non lasciano ben sperare. E se parliamo di fine della Lega, altrettanto possiamo dire per le velleità di Filippo Lombardi. Con il ritiro di Doris Leuthard, che tutti presumono sia ormai prossimo, è da escludere che il suo successore possa provenire dalla Svizzera latina, lasciando la Svizzera tedesca in minoranza in Consiglio federale. Il prossimo treno per il Ticino potrebbe quindi partire solo con le dimissioni di Didier Burkhalter (PLR) o, meno probabile, di Alain Berset (PSS). La partita potrebbe quindi essere aperta per il neo capogruppo al Nazionale Ignazio Cassis, o - perché no - per Giovanni Merlini o per Fabio Abate. C'è da chiedersi se, in un caso o nell'altro, il Ticino farà quadrato e anche la Lega e l'UDC sosterranno un liberale radicale per la corsa a Berna. magi
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