"Queste storie, che potremmo ormai definire di ordinaria denigrazione, seguono una parabola consolidata: Facebook, l’euforia, la tastiera, lo scatenarsi di favorevoli e contrari, per terminare con le scuse pubbliche e un generico «ma in realtà io non volevo dire che...». Forse quest’ultima parte è la più vergognosa perché fa emergere la codardia, uno dei peggiori difetti della natura umana. Ad ognuno di noi va riconosciuto il diritto di sbagliare. Ma pretendere che una scusa, a volte neppure tanto convincente, cancelli l’errore e che, impunemente si tratti ogni parola sopra le righe con leggerezza, come fosse una ragazzata, perché sullo sfondo ci sono i social, una sorta di una zona franca dell’insulto, non è tollerabile. Poi c’è l’indignazione a geometria variabile e selettiva".