“È la percezione a creare la realtà”, spiega. “La persona che ero era un insieme di condizionamenti dati da retaggi culturali, sensi di colpa, religione. Da quando siamo piccoli siamo come spugne, percepiamo le cose dai genitori, dalla scuola, dalla società. Ho capito che quel modello si era ammalato. Sapevo di non essere felice”. Parla della madre, che ama molto ma percepiva come molto credente, severa, dura. "Mi sono sempre sentita inadeguata anche rispetto ai miei fratelli, attirando a me situazioni estreme con le frequenze negative: lavori che cambiavo sempre, uomini che facevano di me quel che volevano”. Persone che Alessandra ha tenuto a fianco a sé per continuare a rispettare ciò che tutti si attendevano da lei. “Questo personaggio era malato”, ci dice. “Quando ho ricevuto la diagnosi sono caduta nei meandri più oscuri, ma subito ho avuto rabbia. Io, che ho sempre fatto per gli altri, mi sono adattata per non essere criticata, spendendo molta energia, e dovevo morire? Oltre i danni le beffe!”.