CRONACA
"Per vent'anni sono tornato a casa controllando lo specchietto retrovisore. Come ha organizzato un omicidio poteva ordinarne un secondo"
Andrea Bertozzi racconta quel che prova dopo aver saputo che l'uomo che ha fatto uccidere sua moglie, Opris, è morto. "Adesso riesco a riprendere in mano la mia vita, è come prendere una boccata a pieni polmoni in alta montagna"

LUGANO - Un delitto orribile che scosse il Ticino e che a distanza di quasi 20 anni in molti non hanno dimenticato. Klaus Ingo Opris, per vendicarsi di un presunto torto subito, assoldò un killer per far sgozzare la moglie, incinta di due gemelli, dell'uomo che a suo avviso lo aveva trattato male. Qualche giorno fa è arrivata la notizia che ora Opris è morto in cella e Andrea Bertozzi racconta le sue sensazioni al Mattino.

E svela che per tutto questo tempo un po' di paura c'è sempre stata in lui. "Pur sapendolo sotto chiave, negli anni non è che ho vissuto tranquillo. Come ha organizzato il primo omicidio, poteva benissimo organizzarne un altro dalla cella. La vita lì da loro non vale nulla, basta pagare qualcuno con mille franchi e la cosa è fatta, purtroppo. Adesso riesco a riprendere in mano appieno la mia vita: è come prendere una boccata a pieni polmoni in alta montagna. Non dico di avere vissuto nel terrore più profondo, ma molte volte anche attorno a casa controllavo che non ci fosse nulla di anomalo".

Aggiunge: "È una vittoria perché posso tornare a casa tranquillo. Fino a lunedì, non ti nascondo, che prima d’imboccare il vialetto di casa, per vent’anni, guardavo nello specchietto retrovisore. Io ho visto cosa vuol dire la parola follia incarnata in un uomo, un pazzo, uno psicopatico... non ho altri termini per definirlo".

Ringrazia chi gli è stato vicino nei momenti bui. "Devo molto anche a chi mi ha accompagnato in interminabili passeggiate per liberare il mio spirito in quel momento lacerato. Anche quando stavo per “cadere”, ho sempre avuto qualcuno che mi ha dato la forza di andare avanti".

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