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Cronaca
23.11.2022 - 14:580

Le preoccupazioni degli svizzeri: la prima è il clima, poi anche energia e Ucraina

Il dato delle persone che temono un peggioramento della propria situazione economica non è mai stato così alto nei 27 anni in cui è stata posta la domanda: adesso ne ha paura il 19% degli intervistati

ZURIGO - Anche quest'anno Credit Suisse ha incaricato l’istituto di ricerca gfs.bern di sondare i timori degli svizzeri e di analizzare gli elementi distintivi dell'identità elvetica. Gli intervistati potevano indicare cinque preoccupazioni principali, e il 39 per cento, ha optato per l’impatto ambientale (protezione dell'ambiente, cambiamento climatico, disastri ambientali). Il valore è identico a quello dell’anno scorso, ma poiché la pandemia di COVID-19 - saldamente ai vertici delle apprensioni nel 2020 (51 per cento) e nel 2021 (40 per cento) - è manifestamente diventata, con il 13 per cento di oggi, un problema ormai quotidiano ed è scomparsa dal novero delle principali preoccupazioni, quest’anno la questione ambientale è balzata al primo posto della classifica. La tematica dell'AVS/previdenza per la vecchiaia si classifica al secondo posto con il 37 per cento, si legge in una nota stampa dell’istituto di credito.

I risultati in breve: i principali risultati del Barometro delle apprensioni Credit Suisse 2022

Nuova preoccupazione principale: il tema della protezione dell'ambiente/cambiamento climatico guida la classifica svizzera delle apprensioni nel 2022, anche se in termini percentuali è allo stesso livello dell'anno scorso. I temi dell'AVS/previdenza per la vecchiaia e dell'energia seguono al secondo e terzo posto, mentre la pandemia non figura più tra le prime 10 preoccupazioni.

Nuovi temi d'incertezza: il panorama delle preoccupazioni di quest'anno è caratterizzato dall'emergere di nuovi temi di incertezza legati alla guerra in Ucraina. Tra questi si annoverano i problemi energetici (3° posto), l'aumento dell'inflazione (5° posto) o anche la sicurezza dell'approvvigionamento (7° posto). Viceversa, le questioni post-materiali slittano attualmente in secondo piano.

Aspettative per il futuro deteriorate: l'ottimismo finora forte sul futuro in Svizzera, si sta sgretolando. Guardando ai prossimi dodici mesi, il 19 per cento (+9 pp) teme un peggioramento della propria situazione economica. Nei 27 anni in cui è stata posta questa domanda, quest'ultimo dato non è mai stato così alto.

Fiducia nelle istituzioni: la fiducia nelle istituzioni, in parte persa durante la pandemia, ritorna nel 2022. La fiducia nelle tre principali istituzioni, ossia il Consiglio federale (68%), la polizia (67%) e il Tribunale federale (66%) è grande e stabile. Anche la Banca nazionale svizzera e l'esercito hanno guadagnato molta fiducia.

Identità sotto pressione: alla domanda sui vari fattori che mettono in pericolo l'identità della Svizzera, i cittadini considerano sempre più una minaccia la dipendenza dall'economia globale (71 per cento), l'UE e i suoi problemi (67 per cento) o l'immigrazione (60 per cento). Il 68% ritiene che la pressione a cui sono generalmente sottoposti i valori occidentali nell'attuale serrato confronto geopolitico rappresenti un pericolo per l'idea portante della Svizzera. Ma si paventano anche problemi interni, ad esempio il calo dell'impegno volontario (79 per cento).

Relazioni con l'Europa: tra le otto opzioni a scelta su come disciplinare il futuro rapporto con l'UE, la negoziazione di un accordo quadro istituzionale è ancora nettamente privilegiata, al pari in termini percentuali dell'ulteriore sviluppo dei trattati bilaterali. Una chiara maggioranza riterrebbe importante giungere a una svolta nei negoziati con l'UE. A questo proposito è chiamato in causa soprattutto il Consiglio federale. ll 40 per cento vede il governo nazionale come responsabile e solo il 14 per cento pensa che la palla sia nel campo dell'UE. 

Le preoccupazioni in dettaglio 

“Raramente siamo stati così curiosi e impazienti di conoscere i risultati del sondaggio del Barometro delle apprensioni come quest'anno, giacché in tempi di inflazione, conflitto e pandemia ci si sarebbe potuti aspettare vari 'primi classificati' allo stesso tempo – afferma Manuel Rybach, responsabile globale Public Policy and Regulatory Foresight di Credit Suisse -. Nel 2022 prevalgono tra i timori il cambiamento climatico, la previdenza per la vecchiaia come pure l'energia, e l'ottimismo degli svizzeri verso il futuro si è decisamente smorzato. I recenti sviluppi economici e geopolitici stanno quindi già avendo un impatto”.

Le ricadute della guerra in Ucraina

Ma come si riflette concretamente nel Barometro delle apprensioni la guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina, iniziata il 24 febbraio? Solo il 20 per cento della popolazione (8° posto) definisce direttamente come preoccupazione il conflitto. Tuttavia, almeno tre tra le principali apprensioni possono essere ricondotte alla guerra in Ucraina, basti pensare che la preoccupazione per le questioni energetiche ha espresso un vistoso aumento arrivando al 25 per cento (+ 11 punti percentuali) e ora occupa la terza posizione nella classifica delle apprensioni, eguagliando in termini percentuali la problematica posta dall'assetto e dallo sviluppo dei rapporti con l'Europa e l'UE. Per la prima volta, il 21 per cento degli interpellati menziona l'incertezza dell'approvvigionamento di energia, medicinali e generi alimentari (7° posto). Mentre la sicurezza dell'approvvigionamento riguarda principalmente periodi di incertezza e l'inverno, l'apprensione per le questioni energetiche dovrebbe riguardare il futuro energetico in generale, ovvero la definizione della strategia energetica della Svizzera nei prossimi anni e la necessità di accettare eventuali compromessi in materia di ambiente, tutela del paesaggio o anche in relazione a tecnologie come l'energia nucleare. L’inflazione (5° posto, 24 per cento) è un’altra nuova arrivata nella rosa delle prime cinque preoccupazioni. Anche il sistema sanitario, tradizionalmente una delle principali preoccupazioni, è indicato come apprensione dal 24 per cento degli intervistati, in calo rispetto al 41 per cento del 2018 e del 2019. Infine, in nona e decima posizione si collocano le due preoccupazioni legate al tema della migrazione (stranieri e rifugiati/richieste di asilo).

“Il panorama delle preoccupazioni di quest'anno è connotato dall'affiorare di nuovi temi di incertezza imputabili al conflitto in Ucraina. Tra questi figurano le questioni energetiche, la sicurezza dell'approvvigionamento o anche il rincaro. Su questi temi sembra serpeggiare una certa tensione tra la popolazione: sebbene la situazione sia attualmente ancora sostenibile per la maggior parte delle persone, la consapevolezza e la sensibilità verso questi problemi stanno palesemente aumentando. È inoltre interessante notare che quest'anno alle tematiche di tipo materialista, come ad esempio la sicurezza, viene assegnata una priorità più alta, mentre le questioni post-materiali, come la parità di genere, stanno attualmente passando in secondo piano”, dichiara Cloé Jans, responsabile operativo di gfs.bern, che dal 1995 rileva il Barometro delle apprensioni Credit Suisse.

Preoccupazione per l’economia e il tenore di vita, ma non per la disoccupazione

La popolazione votante della Svizzera guarda con molto meno ottimismo al futuro (economico) rispetto ancora a qualche anno fa. Non si tratta tanto della paura di perdere il proprio lavoro. Al contrario: per la prima volta dal 1988, la disoccupazione è uscita dalla classifica delle 10 maggiori preoccupazioni. Si tratta piuttosto dell'incertezza riguardo a come assicurare l’approvvigionamento del Paese e garantire il mantenimento del tenore di vita abituale nelle attuali circostanze. La valutazione dell'attuale situazione economica individuale non presenta ancora variazioni rispetto agli anni precedenti: il 65 per cento degli intervistati la descrive come buona o molto buona, solo il 6 per cento come negativa o molto negativa. Tuttavia, uno sguardo ai prossimi dodici mesi mostra un'immagine decisamente diversa. Non meno del 19 per cento (+9 punti percentuali) teme un peggioramento della propria situazione personale. Nei 27 anni in cui è stata posta questa domanda, quest'ultimo dato non è mai stato così alto.

Su questo sfondo, è rassicurante che al tempo stesso la fiducia in tre importanti istituzioni, ovvero Consiglio federale (68 per cento), Polizia (67 per cento) e Tribunale federale (66 per cento) sia ampia e stabile. A un livello inferiore, dove si osserva persino una leggera tendenza al rialzo, lo stesso vale anche per le altre istituzioni oggetto dell'indagine, come ad esempio la Banca nazionale svizzera, il Consiglio nazionale e il Consiglio degli Stati nonché i partiti politici. Peraltro anche l'orgoglio di essere svizzeri, seppure in leggero calo di gradimento, si attesta ancora su un livello molto alto, con il 77 per cento (–1 pp). Il maggiore aumento di fiducia è registrato dall'esercito (18 pp al 48 per cento), a conferma dell'accresciuta esigenza di sicurezza in tempi geopolitici incerti. 

L'identità svizzera sotto pressione – l'Europa si compatta

Oltre alla democrazia diretta, al federalismo e al concetto di milizia, la neutralità è un elemento identitario e uno dei pilastri della politica svizzera. Per molti intervistati, tra i diversi fattori che mettono a repentaglio l'identità della Svizzera riveste un ruolo essenziale la pressione dall'esterno, nelle sue diverse manifestazioni. In concreto, la dipendenza della Svizzera dall'economia globale (71 per cento), dall'UE e dai suoi problemi (67 per cento) o anche l'immigrazione (60 per cento) sono sempre più considerati una minaccia per l'identità del Paese. Il 68 per cento ritiene che la pressione a cui sono generalmente sottoposti i valori occidentali nell'attuale serrato confronto geopolitico rappresenti un pericolo per l'idea portante della Svizzera. Gli elettori rilevano tuttavia anche problemi interni che gravano sull'anima della nazione, a cominciare dal calo dell'impegno volontario (79 per cento) e dall'incapacità della classe politica di trovare soluzioni valide ai problemi (78 per cento).

Due anni di pandemia e più di mezzo anno di guerra di aggressione all'Ucraina hanno cambiato l'Europa e la visione che ha la Svizzera dell'Unione europea (UE). Il 32 per cento degli elettori svizzeri ritiene che gli eventi degli ultimi dodici mesi abbiano rafforzato l'UE. A prima vista non sembra molto, soprattutto perché il 57 per cento è dell'avviso che si sia indebolita. Ma la tendenza rivela che oggi il numero di persone che condivide questo giudizio positivo è tre volte superiore a quello del 2019 (10 per cento), senza trascurare che per il 52 per cento degli intervistati il conflitto in Ucraina ha rinsaldato l'Europa come comunità di valori.

Europa – quo vadis?

A maggio 2021 il Consiglio federale ha posto unilateralmente fine ai negoziati relativi all'accordo quadro istituzionale tra Svizzera e Unione Europea iniziati nel 2014. Come viene valutato questo atto politico in retrospettiva? Il Barometro delle apprensioni Credit Suisse mostra che il 49 per cento (-2 pp rispetto al 2021) degli elettori giudica la decisione piuttosto/molto corretta, mentre il 42 per cento (+2 pp) è convinto del contrario. Tra le otto opzioni disponibili su come disciplinare il futuro rapporto con l'UE, la negoziazione di un accordo quadro istituzionale è ancora nettamente favorita, al pari in termini percentuali dell'ulteriore sviluppo dei trattati bilaterali. Anche la disdetta dell'Accordo sulla libera circolazione delle persone rientra ancora tra le soluzioni ipotizzabili, mentre l'opzione di rinunciare agli accordi bilaterali o persino ad avere relazioni privilegiate con l'UE non genera particolari aspettative, esattamente come l'adesione all'UE.

Di conseguenza, a giudizio degli intervistati i colloqui per un accordo quadro istituzionale devono essere portati avanti, in quanto il 76 per cento ritiene importante intrattenere relazioni stabili tra la Svizzera e l'UE. Agli effetti pratici, i trattati bilaterali hanno lo stesso valore. Una chiara maggioranza riterrebbe importante giungere a una svolta nei negoziati con l'UE. In proposito viene chiamato in causa il Consiglio federale. Il 40 per cento ritiene che il compito spetti al governo federale e il 21 per cento ai delegati svizzeri a Bruxelles. Solo il 14 per cento stima che la responsabilità spetti in primis all'UE. Complessivamente, quindi, una chiara maggioranza pari al 61 per cento degli elettori è del parere che tocchi soprattutto all'esecutivo svizzero intervenire per sviluppare le relazioni con l'Unione europea. Questa valutazione è trasversale a tutti gli schieramenti.

Abbandono della politica di nicchia

L'autovalutazione del proprio Paese nel raffronto internazionale resta elevata, ma la pandemia e la guerra hanno evidenziato la vulnerabilità della Svizzera. Per il 92 per cento (–3 pp) degli intervistati la situazione dell'economia svizzera è piuttosto/molto positiva rispetto a quella estera, un valore decisamente ancora apprezzabile, che tuttavia è stato inferiore solo una volta dal 2012, e precisamente nel 2017 (89 per cento). Inoltre, il 54 per cento degli intervistati reputa che la Svizzera possa compensare le maggiori difficoltà di accesso al mercato dell'UE con relazioni commerciali più solide con Paesi terzi. Per contro, quest'anno solo il 36 per cento (-9 pp) si esprime a favore di una politica economica di nicchia indipendente per la Svizzera - nel 2020 era ancora il 53 per cento. La maggioranza della popolazione (52 per cento) prevede un miglioramento delle posizioni negoziali in materia economica grazie a un maggiore allineamento a una posizione UE unitaria.

Manuel Rybach commenta: “I risultati del Barometro delle apprensioni di quest'anno rivelano un'opinione differenziata sul ruolo della Svizzera nel mondo. Sebbene la neutralità continui a essere sostenuta, la maggioranza non ritiene che una via solitaria della Svizzera possa essere una soluzione. Si ritiene piuttosto che le soluzioni ai problemi politici debbano essere trovate a livello internazionale e attraverso un maggiore coinvolgimento della Svizzera. Negli ultimi anni sempre meno persone sono del parere che i problemi mondiali non riguardino la Svizzera e, soprattutto in materia di politica climatica, si auspica sempre più l'assunzione di un ruolo pionieristico”.

 

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