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25.02.2016 - 20:050
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Righini risponde a TicinoLibero: «ieri era un passaggio di consegne. Noi non danziamo come il PLR... »

Il neo presidente PS risponde alle accuse di "mutismo" al suo primo comitato cantonale e ammette: «forse, col senno di poi... »

BELLINZONA - Chi si aspettava discorsi dal neo presidente socialista Igor Righini è rimasto deluso: ieri sera in 45 minuti il comitato cantonale si è esaurito, con l'approvazione dei membri di direzione e poco altro. «Era un comitato dove si dovevano prendere delle decisioni formali e non erano previste questioni politiche, formalizzando le nomine per permettere al partito di lavorare», ci spiega oggi Righini rispondendo al nostro articolo di ieri (leggi qui). «Ho capito che ci si aspettava un discorso, ma potrò farlo quando inizierò a lavorare. Formalmente sono entrato in carica ieri e ho detto ciò che intendevo fare quando sono stato eletto al congresso. Ieri è stato un passaggio di consegne tra la direzione di prima e quella di adesso».PLR e PPD lo scorso fine settimana hanno fatto una festa e un congresso profilandosi su temi attuali, voi non rischiate di restare indietro?«Non siamo in ritardo, i temi della politica in generale sono sempre affrontati a livello di gruppo parlamentare e in direzione. Ieri, se posso permettermi la battuta, è mancata un po' di scena. I liberali ne hanno fatta molta ed hanno danzato, noi no, ma il discorso è che ieri bisognava ratificare delle decisioni formali necessarie prima di cominciare a lavorare».Quella che lei chiama scena, così come quanto affermato dai vostri avversari, ha avuto molto risalto. Le vostre posizioni sono forse meno note al momento... .«I media si scordano in fretta di ciò che succede. Noi abbiamo fatto il nostro al congresso di Manno, con grande risalto, votando il presidente in diretta streaming. Abbiamo trovato il modo di esprimerci, ora siamo in periodo di votazioni federali e cantonale, il tutto si chiude domenica e da settimana prossima si apre una nuova pagina, in cui ci si dedicherà ai temi comunali. I quali sono però affrontati nelle sezioni locali, a cui la direzione non vuole sostituirsi, dato che il grosso di questo importante lavoro per i Comuni sono loro a svolgerlo. Non abbiamo in programma danze e balletti, pensiamo di lasciar fare alle sezioni. Per esempio quella di Lugano organizza il 12 marzo una festa multietnica in concerto, quello è un grande evento. Va riconosciuto il merito ai luganesi di averla organizzata. E in altri Comuni le diverse sezioni locali del PS organizzano altri eventi». Ha scelto una direzione innovativa: una donna come vicepresidente, oltre a un ragazzo della Gioventù socialista. È la voglia di essere aperti verso tutti?«Nella direzione di prima, ci siamo accorti, mancavano le donne e dunque sostituire i quattro uscenti con quattro donne ci è parso logico per riequilibrare il tutto. Promuovendo una donna alla vicepresidenza non è nulla di nuovo, prima c'era Gina La Mantia. La novità è stata aver dato il ruolo di vicepresidente ad un giovane». Se Pepita Vera Conforti non fosse uscita con la dichiarazione dove chiedeva una copresidenza maschile e femminile, avreste dato così tanti posti alle donne?«La lista era già fatta quando lei ha parlato col Corriere del Ticino. È vero che i segnali delle donne arrivano da molti comitati cantonali. L'esigenza di dare spazio alle donne c'è in ogni partito e nel nostro in particolare, a livello di direzione, è vero, eravamo carenti. La scelta di inserire quattro donne è stata dettata dal buon senso, non da Pepita Vera Conforti». Il PPD ha insistito sul rapporto Comuni-Cantoni, chiedendo che non ci siano maggiori oneri ai Comuni. Non rischiano, con questo messaggio, di avere un vantaggio alle comunali?«Quello che sto facendo come direzione è cercare di andare a relazionarmi con il Cantone e con le varie sezioni locali. Dal profilo politico è un argomento che analizzeremo, la nuova direzione non si è ancora espressa visto che si riunirà per la prima volta mercoledì prossimo. Il PPD ha detto con vanto di essere il partito dei Comuni, e certamente per un partito è importante essere radicati nel territorio, non solo per loro, ed anche noi lo siamo. Nelle parole che si pronunciano ora in piena campagna elettorale c'è della strategia politica. I PPD ritengono sicuramente di poter trarre dei benefici celebrandosi come il partito dei Comuni, ma alle parole devono seguire i fatti. Non me la sento di dire che non siamo rappresentati nei Comuni, lo siamo, in alcuni di più e in alcuni di meno».Alla sua elezione, aveva detto che cosa intendeva fare. È cambiato qualcosa in questo mesetto?«Il partito è un organo complesso e avevo chiesto un periodo di quattro-cinque mesi di rodaggio prima di lanciarmi in questa nuova sfida. Non mi sono mai nascosto, sono un uomo del mondo del lavoro e non della politica e c'è bisogno di tempo per capire delle cose che a priori appaiono scontate. Come l' “errore” di ieri sera... ». Dunque crede di aver sbagliato a non fare un discorso?«Non ho spiegato una lista quando magari doveva esserlo nei particolari. Per me doveva essere approvata dal profilo tecnico. La stampa e dei compagni in sala pensavano che potevo dare delle informazioni in più. Forse taluni hanno creduto che volessi nascondere qualcosa. A me non piace spiegare cose che ritengo superflue. Penso di non aver sbagliato, era comunque una questione tecnica. Cercherò di supplire all'informazione che è mancata, già nel prossimo comitato cantonale, quando potrò aggiungere quello che abbiamo cominciato a fare e di come ci siamo divisi fra noi i compiti».Più che le spiegazioni sui membri ieri è mancato il parlare dei temi... .«Certo, se dobbiamo dire come funzioniamo e cosa stiamo facendo parleremo di temi e di obiettivi, che dobbiamo comunque discutere. Torno a dire, era un comitato tecnico, ma alla fine ci siamo detti che si poteva affrontare qualcosa di più politico, come leggere un mio scritto sull'iniziativa dell'UDC. Certo, col senno di poi, ma lavorando si impara... d'altronde ci sono sempre molti temi politici nei nostri comitati, per una volta si può fare un'eccezione».
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