IL BLOG DI DON GIANFRANCO
"Coriandoli e cenere"
Don Gianfranco Feliciani: "Possiamo essere felici in questo mondo, divertirci davvero e goderci la vita"
TIPRESS

*Di Don Gianfranco Feliciani

Possiamo scoprire una sorta di relazione antitetica, decisamente inquietante, tra i coriandoli di Carnevale e quella cenere che all’inizio della Quaresima la Chiesa pone sul capo dei fedeli. I coriandoli sono il segno del divertimento, anche quello più sfrenato, e la cenere il segno della dissoluzione e della morte. Si apre qui una tematica che da sempre costituisce la questione centrale della riflessione umana, ma che oggi la moderna psicologia scandaglia fornendoci nuovi approfondimenti.

Ma basta guardarci attorno con una certa attenzione per diventare un po’ tutti psicologi e filosofi. Insomma, non è forse vero che in questa nostra civiltà dei consumi, dove la morte è stata così accuratamente rimossa, paradossalmente essa si ripresenta all’uomo direttamente proporzionale alla sua capacità di godere delle cose di quaggiù? Non è infatti quel veleno del nostro tempo che è la droga – conseguenza estrema del materialismo e dell’edonismo – l’ebbrezza del godimento più prossimo alla morte? Per quanto severo appaia il simbolo della cenere quaresimale, esso non è né macabro né
pessimista. La sentenza “Ricordati, uomo, che sei polvere e in polvere tornerai”, è innanzitutto realista – nessuno potrà dire che si tratti di una menzogna o di qualcosa che non lo riguardi! – e poi è salutare, perché possedendo la virtù di scuoterci dall’orgoglio e dalla superficialità della vita, ci pone dinanzi alla suprema verità di noi stessi: la verità della nostra radicale dipendenza da Dio!

Recita una bella preghiera della Chiesa: “Ai tuoi fedeli, o Padre, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata un’abitazione eterna nel cielo”. Sembra una contraddizione ma non lo è affatto – come la medicina amara non lo è per la guarigione – ma la Quaresima con la sua cenere è una salutare pedagogia che ci apre alla speranza e alla gioia di vivere. Discuto di coriandoli e di cenere con l’amico Pierino, e questi commenta: “I nostri vecchi dicevano che l’ultimo bicchiere di vino all’osteria si beve sempre con tristezza, proprio perché sai che è l’ultimo. Ma io penso che non solo l’ultimo, ma anche il penultimo e il terz’ultimo bicchiere si beve con tristezza, perché tutte le cose che sappiamo di perdere definitivamente neppure riusciamo a gustarle quando le abbiamo tra le mani”. È verissimo:
possiamo essere felici in questo mondo, divertirci davvero, goderci la vita come si suol dire, solo con la fiducia che quanto stiamo sperimentando quaggiù non andrà perduto, e che anzi tutto sarà salvato e trasfigurato dentro una vita nuova e ancora più piena!

*Arciprete di Chiasso

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