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24.08.2015 - 14:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Ivano Zanatta, «ecco cosa cambierei nell'hockey svizzero. Ambrì, il primo bilancio è positivo».

Il direttore sportivo dei leventinesi parla a 360° della sua squadra. «L'addio di Schaefer ci ha colti in contropiede. Pestoni non ha bisogno di ulteriori pressioni». Ma fare previsioni è difficile, «gli infortuni sono una delle variabili più importanti»

AMBRÌ - «Visto che pioggia? È difficile tirar giù i giocatori dal letto per allenarsi... ma è dura per tutti. Ha ragione, ci lamentiamo sempre, o del caldo o del freddo.». Comincia così la lunga chiacchierata con Ivano Zanatta, direttore sportivo dell'Ambrì, che parla della sua squadra e dà una decisa spallata alle regole del campionato svizzero. «Già prima di Natale si pensa alla squadra per l'anno dopo, e si può sempre tesserare chiunque, una cosa strana. In Russia, per esempio, anche se avvengono delle trattive, non è così. Non è normale che si possano sottoscrivere dei contratti sei mesi o un anno prima che diventino effettivi, a mio avviso il periodo di lavoro deve terminare e da lì procedere con un eventuale rinnovo. Mi metto nei panni dei giocatori, non so con che spirito scenda sul ghiaccio qualcuno che ha un piede da una parte e uno da un'altra. Questo è un correttivo molto importante da portare avanti, il sistema così è un controsenso».Ivano Zanatta è soddisfatto delle prime amichevoli dell'Ambrì? Si può trarre un primo bilancio?«Ci sono aspetti positivi e cose da migliorare. Ho visto un atteggiamento importante della squadra, un grande spirito d'intenti. Su ciò che c'è da migliorare lavoriamo, hai tutto il campionato per capire che cosa serve. In generale, direi che il primo bilancio è abbastanza buono, anche se è presto per dirlo».La vostra campagna acquisti a che punto è?«È chiusa, faremo qualcosa a livello di supporto per poter sostituire eventuali infortunati, lavorando sulle licenze B e cercando di capire che cosa offre la LNB. Ci ha preso un po'in contropiede il fatto di dover coprire il posto lasciato da Schaefer, ma lo abbiamo fatto con Wolf, e la squadra sarà questa».In queste settimane, non si sono sentite le solite voci che riguardano Pestoni, dato in partenza. Inti è importante per voi anche come simbolo, oltre che sul ghiaccio?«Gli ho detto che deve pensare a fare le sue cose e che il resto si sistemerà, ciò che conta è che faccia quello che sente dentro di sé, anche se non è facile per un giovane. È circondato da curiosità mediatica, com'è normale che sia. È un talento locale e questo ha il suo peso. Cerco di sdrammatizzare con lui, non ha bisogno di altre pressioni».A proposito di simboli, sia Ambrì che Lugano sono state circondate in questa pre-season da molto entusiasmo. La colpisce ancora? E rimane vivo il senso di appartenenza ai colori biancoblu opposti alla città bianconera o sono concetti superati?«Sono stato via 7-8 anni, e non ho mai vissuto questa fase con l'Ambrì. L'hockey è uno sport d'élite, come il calcio o il basket, stupisce che il piccolo Ticino possa proporre cosi tanti prodotti elitari nell'ambito sportivo. Non saprei dire se esiste il senso di appartenenza di cui parlava, certamente la rivalità fra Ambrì e Lugano c'è ed è una cosa molto bella. Non è evidente negli sport vedere questo entusiasmo per una parte o per l'altra, mi auguro continui ad esserci perché dà importanza non solo al Ticino ma all'intero hockey svizzero. Avendo lavorato in entrambe le piazze, seppur con ruoli diversi, non posso dire di vedere un diverso modo di vivere la squadra o di lavorare. È uno degli insegnamenti più importanti che ho tratto dall'esperienza in Russia, l'hockey non ha confini, è hockey ovunque e ciò che conta è avere un gruppo di persone che crede e ha voglia di fare».Negli anni passati, spesso l'Ambrì partiva bene, facendo sognare, e poi veniva risucchiato in zone meno nobili della classifica. Avete il timore che il copione si ripeta? E dove volete arrivare?«Tutti hanno qualche paura, non solo l'Ambrì. È una lotta, lo si sa, ogni partita vale tre punti, ma anche per trovare il ritmo. Non si deve pensare a cose del passato, il consiglio che do ad ogni giocatore è di concentrarsi sull'oggi, non su ieri o sul domani. È nel presente che si costruisce il futuro, che è basato su quanto fai oggi. Può essere banale, ma è così. Se cominci un campionato, con che obiettivi lo fai? Ovviamente di arrivare il più in alto possibile, poi non si deve essere troppo ottimisti bensì realisti credendo nei propri mezzi. I play off sono un buon risultato per chiunque, non è facile arrivare nei primi otto in un campionato di dodici, infatti una grande ogni anno resta esclusa. Non dico che puntiamo all'ottavo posto, ma l'importante è entrare in quella cerchia, da lì in poi è tutto in gioco. Non saprei ora fare previsioni sulle potenzialità delle avversarie, poiché ci sono dei fattori variabili che influenzano, soprattutto gli infortuni che capiteranno a ciascuna squadra. Quello che per me è importante è che i miei giocatori lottino sempre».Com'è il suo rapporto con Serge Pellettier? Chi ha costruito la squadra?«È stato buono sin dall'inizio e col tempo abbiamo capito cosa vuole lui e cosa voglio fare io. Cercherò di dare il mio contributo a tutto l'ambiente, essendo di supporto e occupandomi anche del settore giovanile. Fra noi c'è un rapporto sano, di dialogo e rispetto reciproci. La maggior parte della campagna acquisti è stata svolta da Pellettier, era il suo ruolo e io sono arrivato dopo, mi sono preoccupato in prevalenza di che cosa mancava per completare la rosa. I nuovi arrivi sono quelli che ci servivano, scelti dopo valutazioni con lo staff tecnico. Abbiamo svolto un positivo lavoro di gruppo».
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