COMANO - I licenziamenti passati e quelli futuri, che purtroppo ci saranno, gli errori di comunicazione, i frontalieri, il Mattino: in una lunga intervista rilasciata al Giornale del Popolo, il direttore della SSR Roger De Weck parla a 360°. I tagli totali dovranno essere, in tutta la Svizzera, di 250 persone: in alcune regioni sono già stati ultimati, «ma in altre, come nella Svizzera italiana, l'operazione non è terminata». La scelta di licenziare, spiega, è giunta dalla SSR, ma i metodi sono stati decisi dalla RSI. Quello che possono fare i vertici è «interrogarci sulle ragioni profonde alla base del sistema usato alla RSI, completamente diverso da quello utilizzato altrove. Forse è da legare al fatto che il Ticino è molto più politicizzato che il resto del Paese». L'errore, precisa, c'è stato. «Nelle scorse settimane ho letto con attenzione i media ticinesi e penso che il grande numero di articoli che sono stati scritti sul tema siano un segnale del profondo attaccamento della Svizzera italiana alla RSI. Osservando dall’esterno quanto è successo è stato come assistere a un litigio familiare, dove la RSI è un membro importante della famiglia italofona in Svizzera». A suo avviso, chi lavora nella comunicazione spesso è un pessimo comunicatore al suo interno. «La reazione molto vivace di buona parte dei dipendenti è stata comprensibile. E ho capito, durante l’assemblea generale alla quale ho partecipato, che c’è stato un errore che ha toccato l’identità dell’azienda pubblica. La nostra cultura aziendale, che è anche la nostra forza, è il rispetto reciproco. Il modo con il quale si sono messi in atto i licenziamenti ha ferito chi è stato colpito e l’insieme dei dipendenti. L’ho trovata una reazione viva e sana. Ciò significa che il personale della RSI è fiero di far parte del gruppo SSR, chiede rispetto e merita rispetto». Per contro, lo stesso rispetto deve andare a chi ha sbagliato, poiché «un’azienda dove fosse proibito sbagliare sarebbe sclerotizzata». A chi accusa la RSI di aver favorito i frontalieri, De Weck ribatte che essi sono solamente 25 su 1'190 e rilancia. «Che Paese sarebbe la Svizzera senza i lavoratori stranieri? Noi siamo debitori verso le capacità e il talento estero». Ciò che lo colpisce è quanto la RSI, ed anche il suo numero di collaboratori, venga criticato in Ticino, e attacca: «Sono anche meravigliato dal fatto che la RSI riceva lezioni di stile da un "giornalaccio" come il Mattino, dove non credo vi siano molti esperti di stile».