Prezzo:
Venerdì 20 | 21.30
Teatro
Mendrisiotto
Mario e Saleh
scritto e diretto da Saverio La Ruina
con Saverio La Ruina e Chadli Aloui
musiche originali Gianfranco De Franco
produzione Scena Verticale con il sostegno di MIBACT, Regione Calabria in collaborazione con TMO - Teatro Mediterraneo Occupato di Palermo
Per giovani e adulti
Durata 90’
All’indomani del terremoto dell’Aquila, in una delle tende allestite nei luoghi del sisma, si ritrovano Mario, un occidentale cristiano, e Saleh, un arabo musulmano. La relazione ravvicinata tra i due si evolve tra differenze e agnizioni. Eventi esterni e fatti concreti ribaltano le percezioni che hanno l’uno dell’altro. Le certezze che sembrano farsi strada si ridefiniscono continuamente alla luce di quanto accade tra di loro, sorprendendo loro per primi.
Più che addentrarsi in dispute religiose, lo spettacolo si concentra su fatti del quotidiano attraverso i quali misurare possibili conciliazioni e opposizioni. Oltre alle inevitabili differenze, che possono trovare pacificazione, irrompono avvenimenti dall’esterno che vanno a spezzare gli equilibri tra i due, ridefinendo via via le loro acquisizioni, in uno spiazzamento continuo delle loro certezze. Incontrare musulmani, migranti e non, è stato come trovarsi di fronte a mondi dentro un mondo più grande, dove tanti islam si inseguono, si differenziano e anche si oppongono fra di loro. Un argomento che richiede un approccio delicato, dato che scalda gli animi con una virulenza che lascia interdetti e a volte impotenti.
“Ho sempre pensato che la storia “piccola” potesse raccontare la storia “grande”, quella considerata “ufficiale”. In questo caso, però, la sfida è stata impegnativa. Perché contiene e affronta la questione religiosa. Sono voluto entrare nella dialettica interreligiosa, per un vivo interesse che è nato ed è cresciuto quando, in occasione di recenti attentati, mi sono sentito a disagio per un motivo particolare: nei luoghi pubblici, in un traghetto o in un aereo, vedendo accanto a me persone provenienti dal mondo arabo mi preoccupavo. Di fatto, però, mi sentivo in colpa e mi chiedevo: che diritto ho di proiettare su di loro, su delle persone, credenti musulmani, le mie paure?
Sono stato in diversi centri di accoglienza. In uno in particolare, a Catania, ho potuto fare un bellissimo lavoro con ragazzi migranti, molti dei quali ancora minorenni. Dopo averli incontrati, aver parlato del loro essere credenti musulmani, ho avuto chiara la prospettiva che quando davvero conosci l’Altro, i problemi spariscono. Come per qualsiasi uomo, per qualsiasi situazione, il problema è provare semplicemente a capire.
Ho incontrato persone che hanno una forza immediatamente comunicativa, sicuramente sarebbero adatte al palcoscenico, le ho ascoltate, spesso incantato. E con loro abbiamo costruito la nostra storia. C’è un’umanità sotto traccia, che affiora di tanto in tanto… Forse per questo c’è bisogno di parlare di certi temi a teatro, con il tempo del teatro: dobbiamo prenderci la responsabilità di affrontare questi argomenti, di essere onesti, di parlare direttamente allo spettatore. Per me lo spettatore è sempre stato un riferimento centrale, mi interessa che il pubblico sia in comunicazione con quanto racconto. Siamo lì, e ci parliamo…” Saverio La Ruina