CRONACA
De Rosa: "Occorre prudenza. Il virus è ancora là fuori"
Il ministro: "Due settimane non bastano a rivelare e contenere nel modo più agevole l’eventuale aumento dei contagi"
TIPRESS

BELLINZONA - “All'inizio c'era una netta differenza tra il Ticino e Berna nella percezione di quello che stava succedendo, come d’altronde era in parte inevitabile data la nostra vicinanza al focolaio lombardo. Poi invece la Confederazione ha capito l’importanza di quanto stavamo facendo e del pericolo cui eravamo esposti, e ci ha dato pieno sostegno”. Sono parole del ministro della sanità Raffaele De Rosa, che in un’intervista concessa a LaRegione fa il punto sugli aspetti sociali e sanitari dell’epidemia.

 

Ora, quella differente percezione, aggiunge De Rosa, riemerge sulla questione dell’allentamento del lockdown, con il Consiglio federale, o una parte di esso, che spinge per riaprire. “In effetti – dice il direttore del Dipartimento sanità - riemerge qualche divergenza di vedute: vediamo il mondo svizzerotedesco che spinge per accelerare le riaperture, mentre il Ticino e i cantoni romandi – alcuni pure molto più colpiti – chiedono prudenza. Personalmente, trovo troppo ravvicinate le riaperture del 27 aprile e dell’11 maggio: due settimane non bastano a rivelare e contenere nel modo più agevole l’eventuale aumento dei contagi. All’inizio il Consiglio federale aveva previsto per l’11 maggio la sola riapertura di scuole e negozi, poi si sono aggiunti i ristoranti. A questo punto occorre ulteriore prudenza, perché siamo riusciti a frenare l’evoluzione dell’epidemia, ma il virus è ancora là fuori”.

 

E sui tamponi dice: “Giornalmente sono 350, ma i laboratori attivi nel Cantone hanno potenzialità per aumentarli ancora. Applicheremo le indicazioni federali che da fine aprile raccomandano di effettuarli anche a chi ha sintomi lievi. L'Ufficio del medico cantonale ha riattivato l’apparato per il tracciamento dei contatti, fattibile solo se i casi giornalieri restano contenuti. È già operativo e sarà a pieno regime dalla prossima settimana. Nel frattempo è iniziata l’indagine tramite test sierologico su 1'500 individui statisticamente rappresentativi della popolazione. Con un semplice ‘pic’ del sangue da un dito, effettuato quattro volte nel corso di dodici mesi, potremo farci un’idea sulla diffusione del virus. Questo per studiare anche se, e quanto, gli anticorpi ci proteggono dal virus”.

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