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Cronaca
03.05.2016 - 09:060
Aggiornamento: 21.01.2022 - 14:40

La carica dei 400: gli jihadisti sono anche qui

Per il SIC, sono 400 le persone sul territorio svizzero che potrebbero avere legami con il Califfato. Parmelin: «non siamo un obiettivo primario ma neppure un'isola felice»

BERNA - La jihad è dappertutto, purtroppo. Anche in Svizzera, dove ha fatto rumore il caso più recente, quello del pugile che si allenava a Lugano, a cui è stato vietato l'ingresso nel paese su segnalazione del Ticino e ora in carcere. Quanti sono potenziali jihadisti in Svizzera? Secondo il Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) 400, di cui 73 sono partiti verso il Califfato per combattere. Di questi, 12 sono tornati in patria e 13 sono morti. Il direttore dei servizi Markus Seiler ha spiegato che forse si è raggiunto il tetto massimo delle partenze (quest'anno, non ve ne sono ancora state). A danni di chi è tornato saranno aperti procedimenti penali. Secondo Jean-Paul Rouiller, esperto di jihadismo e terrorismo islamico, fino al 2010 membro del Servizio di informazioni della polizia federale, poi confluito nel SIC, siamo in pericolo. «È un fatto: siamo veramente in pericolo», ripete al Corriere del Ticino, precisando che chi è tornato lo ha fatto perché disgustato da quanto visto. Nei 400, dati del 2015, sono comprese persone che potrebbero conoscere o appoggiare jihadisti e sono monitorate in particolare via Internet. Il Califfato ha una grande popolarità sul web, e eventuali post inneggianti a attentati o alla guerra santa vengono tenuti d'occhio. Nel 2014, erano 300. «Vuol dire che ha già analizzato quello che è successo a Parigi e Bruxelles, e che mette in questa cifra non solo le persone che sono collegate con coloro che sono in Siria o che sono tornate, ma anche quelle che conoscono gli jihadisti svizzeri, e che si può supporre che sarebbero pronti ad aiutarli», commenta Rouiller. La Svizzera è un obiettivo diretto? Il Consigliere Federale Guy Parmelin ci ha definiti «un obiettivo non primario ma non siamo neppure un'isola felice». Integrato nel mondo occidentale e visto come anti-islamico, il paese potrebbe per questi motivi essere un obiettivo. Eventuali attentatori potrebbero lavorare con mezzi finanziari e logistici ridotti, anche se il pericolo maggiore è dato da coloro che tornano per organizzare attentati, creando una pericolosa rete a livello europeo. Secondo Rouiller, si è di fronte a un problema a livello di società, incapace di offrire un futuro ai giovani. Alcuni, dunque, a un certo punto si smarriscono, e si convertono o tornano a credere nell'Islam, divenendo via via più radicali se hanno la sfortuna di incontrare le persone sbagliate.
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