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Cronaca
11.04.2019 - 10:000

"Non mi rilasciano il permesso B, vivo tre mesi qui e tre in Serbia. Non posso lavorare: che futuro do a mio figlio?"

Un 28enne serbo sposato con una ticinese racconta il suo calvario. "Lei è in assistenza, per questo non accettano le sue entrate come garanzie. Da quando ci siamo sposati le hanno tolto anche 700 franchi. Io voglio lavorare, ma non posso e sto male"

LUGANO – “Non riesco a mangiare, sto dimagrendo a vista d’occhio. Spesso penso anche al suicidio, ma il pensiero di mia moglie e mio figlio mi trattengono”. È amaro lo sfogo di K.D. (nome noto alla redazione), 28 anni, in una chiacchierata fiume in cui ci racconta la sua storia.

Dal febbraio 2018 è sposato con una cittadina svizzera, lui è serbo, e con la procedura del ricongiungimento familiare gli viene negato il permesso B. Così è costretto a vivere tre mesi, quanto permette il visto, in Ticino con la sua famiglia, e tre mesi in Serbia. Tanto da essersi perso anche la nascita del suo bambino…

“Io voglio rimanere qui, con loro. Mio figlio ha diritto ad avere un padre. Abbiamo un video in cui io esco, per gioco, dalla porta, e lui piange. Ha meno di due anni ma capisce già”, ci dice. Sua moglie è ticinese, da generazioni, “pensi che è nata nello stesso ospedale in cui ha avuto il nostro bambino. Le piace la Svizzera, d’altronde a chi non piace? È pulito, ordinato, si vive bene. Desidero che mio figlio possa crescere qui con i suoi genitori, avere un’istruzione, fare sport, come tutti i bambini”.

K. ha vissuto a lungo in Italia coi genitori. Qui ha frequentato le scuole, qui ha lavorato come muratore. “Dopo due stage, a 300 euro al mese, il capo era talmente contento di me da assumermi: si fidava di me. Io ho voglia di lavorare. Non ho mai avuto problemi con nessuno, anzi se potevo aiutavo tutti. A scuola andavo bene, non ho mai bocciato, ai miei genitori sono solo state dette cose positive su di me”.

La famiglia torna in Serbia, ora i suoi genitori vivono lì. E nel 2013 la vita di K. cambia quando attraverso Facebook conosce una ragazza ticinese. “Dopo qualche mese di amicizia, ci siamo messi insieme”. È una storia felice, anche se lui può stare solo tre mesi per volta da lei, coronata dalla gravidanza e dalla nascita del loro bambino il 9 maggio 2017. “Io ero in Serbia, non erano i tre mesi in cui potevo essere qui. Per quello alla sua nascita non ho potuto riconoscerlo, ciò fino al 28 marzo 2019. Più volte ci chiedevano varie carte per il riconoscimento, ogni volta con postille, traduzioni, ma c’era sempre qualcosa che mancava, finchè ce l’abbiamo fatta”. Nel frattempo, lui e la moglie sposano. 

Ma il calvario comincia dopo. “Per rilasciarmi un permesso di soggiorno, il B, mi chiedono un visto da prendere all'ambasciata Svizzera in Serbia, ho già provato due volte a richiederlo. La risposta? Non mi viene rilasciato perché vogliono vedere le entrate di mia moglie. Lei è in assistenza (quindi le entrate non sono una garanzia sufficiente, ndr), da diverso tempo svolge stage di sei mesi poi non viene confermata, non riesce a trovare lavoro. E l’ambasciata per questo non mi dà il permesso”. Anzi, da quando i due si sono sposati lei percepisce 700 franchi in meno al mese. “Facciamo fatica a arrivare a fine mese, con affitto, spese, varie fatture”.

Lui vuole lavorare per mantenere la sua famiglia, ma senza il permesso B non può cercare nulla. “Sarebbe una presa in giro per i datori di lavoro mandare curriculum senza avere il permesso: non possono assumermi. I documenti per poter lavorare in Italia sono scaduti, dato che coi miei eravamo tornati in Serbia”. Trascorrendo tre mesi due volte all'anno in Serbia, anche lì è difficile cercare un lavoro. 

K. sta male. “Ho paura, paura che mi allontanino da mio figlio, paura di perdere la mia famiglia. Faccio fatica a mangiare e sono spesso molto nervoso e arrabbiato, penso spesso di farmi del male, di togliermi la vita Non voglio il passaporto, solo un permesso per lavorare e aiutare mia moglie. Non posso andare avanti così e non posso nemmeno immaginare di lasciare mia moglie e mio figlio, oppure di vivere tre mesi qui e tre mesi lì: che futuro do a mio figlio?”, si chiede angosciato. A 28 anni, è alto 1,70 ed ora pesa 51 chili. “Questa storia ci sta distruggendo”.

Racconta delle telefonate ai vari uffici. “Mi dicono ‘devi avere questi documenti’. Come devi? Non sono io che non voglio, non me li danno. Qualcuno pensa che io non abbia voglia di lavorare, ma come fanno a saperlo? Io amo lavorare”.

Senza permesso B, gli è impossibile, e finchè la moglie è in assistenza non gli verranno rilasciati i documenti necessari. Senza un lavoro e il permesso, non può rimanere a fianco della sua famiglia.

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