CRONACA
Tra le nuvole, su una piattaforma, senza vertigini né paura. Non ci credevo invece è possibile
Al GIS di Piacenza ho avuto la possibilità di salire ad un'altezza di 100 metri su una piattaforma aerea, con braccio telescopico in due tronchi, a sviluppo verticale montata su un autocarro a sei assi e stabilizzatori. Esperienza unica!

PIACENZA – A che altezza bisogna salire per toccare il cielo con un dito? A quanti metri da terra sono le nuvole? Il fascino del trovarsi a guardare il mondo da sopra esiste da sempre, da chi osserva il paesaggio dal finestrino di un aereo sino a chi si butta col paracadute.

Chi l’avrebbe mai detto che in un venerdì pomeriggio qualunque sarei stata fra le poche persone in grado di salire lassù, a 100 metri da terra, sospesa su una piattaforma aerea, a osservare la pianura padana e le persone farsi piccole, sotto di me? Nessuno, probabilmente.

Per quattro giorni a Piacenza ha tenuto banco il GIS, (Giornate Italiane del Sollevamento e dei Trasporti eccezionali), dove esponevano anche ditte svizzere e c’erano professionisti del nostro Paese (mi è stato raccontato del noleggio di sei mesi di un gigantesco muletto, per esempio). 

Ad aspettare addetti ai lavori e visitatori, uno skyline di gru, quasi una gara a chi svetta più alta. 

Nel piazzale, una piattaforma aerea della Palfinger, con braccio telescopico in due tronchi, a sviluppo verticale montata su un autocarro a sei assi e stabilizzatori, vinceva il premio come macchina più osservata e desiderata: era capace di salire a 100 metri d’altezza, portando addetti ai lavori e possibili acquirenti sin lassù, per mostrare loro le potenzialità di quel che potevano andare a portarsi a casa. 

Personalmente, ho dovuto aspettare 40 minuti circa in compagnia di un possibile acquirente svizzero. Bastava infilarsi un’imbragatura regolamentare, salire sulla piattaforma e partire. Paura? Più che altro, incertezza.

Conoscendomi, mai avrei pensato di volerci provare. Io, che temo spesso quel che potrebbe esserci dietro l’angolo, non ci ho riflettuto due volte. Mi chiedevo cosa avrei provato, se sarebbe stato davvero come toccare il cielo con un dito, se lassù ci si sarebbe sentiti in qualche modo diversi, se sarei stata in grado di controllare un eventuale attacco di panico. 

E messi da parte i timori, ho deciso di tentare. Costi quel che costi, si dice che l’adrenalina di salire in quota è qualcosa da vivere, una volta nella vita. Mi ero ripromessa che, se infilando l’imbragatura, la paura avrebbe vinto, mi sarei tirata indietro. Non è successo. La sfida a me stessa era lanciata.

Pronti via, è bastato salutare il cordialissimo addetto, agganciare l’imbragatura, e in men che non si dica ero io a essere quella che vedeva gli altri dall’alto. Dodici metri, e l’addetto ha chiesto se ci si voleva fermare. No, non era il caso, anche se mancava ancora tanto a quota cento. Pareva quasi di non muoversi, di essere fermi sul posto, senza quell’oscillazione che avevo temuto e che era uno dei principali timori: ma mi era stata assicurata da chi mi aveva preceduto la stabilità. Quaranta, sessanta, ottanta. E poi cento.

Sotto, le altre gru che parevano diventate piccoline, pur essendo enormi, non parliamo delle persone. Eppure, l’altezza non si sentiva, era realmente come essere a terra, da quanto la piattaforma era stabile. Tanto da poter guardar giù senza problemi e senza vertigini, da poter scattare foto e girare video, facendosi spiegare i dettagli. Facile come bere un bicchier d’acqua, grazie alla pregevole tecnica della macchina, un guanto di sfida lanciato letteralmente alle leggi della gravità e vinto agevolmente. 

Quando è stata ora di scendere, il movimento si è avvertito di più. Man mano ci si è avvicinati a terra, pensare di essere stati lassù pochi minuti prima pareva incredibile. Ed averlo fatto come se nulla fosse, solo col cuore che quando ci si è staccati da terra ha accelerato un po', in perfetta tranquillità, ancor di più. Senza strappi quando si è partiti, senza paura, senza sentirsi scombussolati e lanciati verso il nulla, in grado solo di godersi lo spettacolo. 

Togliendomi l’imbragatura mi sono stupita di quanto fosse pesante, nel portarla e nella tensione del momento non ci avevo fatto caso. Per un po' ho avvertito qualche leggero giramento di testa, e mi è stato spiegato che il corpo compensa così quando si scende dopo aver lavorato in altezza. Certo che anche per un addetto ai lavori, che su strumenti simili (forse non così alti, a meno che per esempio manutenzioni grattacieli) passa le ore, quella stabilità non può che essere un sogno.

Nel frattempo, già la piattaforma si alzava di nuovo per portare in cielo altre due persone. 

Siamo stati in cielo? Abbiamo toccato le nuvole? Difficile rispondere. Senza dubbio, un’esperienza da ricordare. E davvero in pochi credono al fatto che le vertigini, lassù, non sono proprio arrivate. Vorrei dire provare per credere. A Piacenza ormai lo skyline di gru se ne è andato, in un via via di camion e trasporti eccezionali: difficile poter riprovare a volare, per altri. Io ho applicato il carpe diem, da 0 a 100 con la curiosità di sapere com'era. 

Paola Bernasconi

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