CRONACA
Dai problemi comportamentali alla scarsa produttività: i motivi dietro alla bocciatura dei cinque procuratori
Severe critiche nei confronti dei cinque pp 'bocciati' dal Consiglio della Magistratura. L'ultima parola spetta ora alla politica

BELLINZONA – Il preavviso negativo ai cinque procuratori pubblici è il caso del mese. La vicenda tiene da giorni banco sulle pagine di cronaca dei media locali. Ulteriori dettagli emergono oggi dalle pagine del Corriere del Ticino che parla di “valutazioni al vetriolo” firmate dal presidente del Consiglio della magistratura Werner Walser.

Sono proprio le severe analisi del CDM – dove siedono Nicola Respini (vicepresidente), Battista Ghiggia, Claudia Canonica Minesso, Gerardo Rigozzi e i supplenti Davide Cerutti, Fabio Martello, Amos Pagnamenta e Marco Villa – ad aver portato alla decisione di non consigliare la ricandidatura ai cinque magistrati.

Due pagine di rapporto

La Commissione giustizia e diritti del Gran Consiglio ha ricevuto un documento di due pagine in cui viene spiegato che le valutazioni tengono conto “sia della qualità sia della quantità del lavoro svolto dai singoli magistrati”. Se per quindici di loro non ci sono stati problemi a confermare la candidatura, diverso è il discorso per i cinque ‘bocciati’.

Come anticipato venerdì da La Regione, i cinque ai cui è stato consigliato di non rinnovare la carica sono Zaccaria Akbas, Marisa Alfier, Anna Fumagalli, Francesca Lanz e Margherita Lanzillo.

A un pp – riporta il Cdt – è stato rimproverata “un’eccessiva autoreferenzialità durante la sua attività”. Lo stesso si sarebbe mostrato “inadeguato alla funzione che ricopre e avrebbe dimostrato mancanza di oggettività e senso critico. In diverse occasioni ha mostrato atteggiamenti intemperanti, dissimulati da un non convincente relativismo di opinione”. Per il Consiglio della Magistratura “questa mancanza di equilibrio nel giudizio personale può costituire un pericolo per l’imputato e cagionare danni all’ente pubblico”.

Un altro magistrato avrebbe dimostrato “una produttività personale medio-bassa nonostante incarti non complessi o sensibili”. In entrambi i casi, il CDM non vede “alcun potenziale di correzione o di miglioramento”.

Scarsa produttività – si legge – anche in un terzo caso. Nel quarto, invece, il CDM denota “problemi a livello di qualità e di competenza tecnica”. Osservando il quinto magistrato, il Consiglio della Magistratura giudica il soggetto “poco dinamico e remissivo nell’affrontare il carico di lavoro, a cui si aggiungono mancanza di precisione e tempestività”.

L’ultima parola, ora, spetterà al Gran Consiglio.

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