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04.11.2015 - 11:310
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

OCST, «Ufficio della migrazione, così non va»

«Si è formato un nuovo filone di revoche che ruota attorno al concetto di centro di vita e di interessi», scrivono dal sindacato, chiedendo al DI e al Consiglio di Stato una presa di posizione

BELLINZONA - L'OCST si scaglia contro l'Ufficio della migrazione e i suoi metodi per concedere o meno i permessi di domicilio: troppa inflessibilità. Il sindacato parte da un caso concreto, quello di un'ausiliaria tuttofare, nubile, occupata dal 2003 presso una ditta che gestisce cantine nei grandi cantieri edili. La donna svolge spesso turni disagevoli, dalle 2.30 alle 12.30 Ed è indotta ad alloggiare negli alloggi messi a disposizione dal datore di lavoro per essere reperibile e svolgere più agevolmente i turni di lavoro. Ha una madre e una sorella residenti nel sud Italia, e per questo motivo, spiega OCST, l'Ufficio della migrazione le nega il permesso di domicilio e le revoca quello di dimora che possiede da dodici anni. Dovrà dunque lasciare la Svizzera. Secondo l'ufficio, il suo centro di vita e di interessi è situato dove vive la madre. «Richiede un certo sforzo mentale immaginare che una lavoratrice di 36 anni, da oltre una dozzina di anni a più di 1’300 chilometri di distanza dal domicilio della madre e della sorella, continui a rimanere aggrappata alle gonne materne tanto da poterla considerare appartenente all’economia domestica della madre. Per l’Ufficio cantonale della migrazione va invece da sé», commentano dall'OCST, che precisa come non sia un caso isolato. «Abbiamo già avuto modo di stigmatizzare le minacce di revoca del permesso formulate all’indirizzo di persone residenti che usufruiscono di assegni familiari integrativi o di prima infanzia poiché considerate beneficiarie di prestazioni assistenziali. Si è ora di fronte ad un ulteriore filone di revoche, ruotante attorno al concetto di centro di vita e di interessi», prosegue il comunicato, a firma del segretario cantonale Meinrado Robbiani. «Emerge una linea di inasprimento che travalica l’obiettivo – peraltro condivisibile – di combattere gli abusi per collocarsi su un terreno visibilmente carente di discernimento e di senso della misura. Nel clima odierno di preoccupazione per gli effetti della libera circolazione, questo indirizzo rischia di passare inosservato e di sollevare obiezioni solo sporadiche. L’attuale contesto di diffidenza e di inquietudine non dispensa tuttavia dal salvaguardare quel soffio di equità senza il quale la vita collettiva si affloscia». Chiede dunque al Dipartimento delle Istituzioni di indicare con chiarezza gli obiettivi e la linea che intende perseguire e invita il Consiglio di Stato, qualora non fosse d'accordo, a manifestarlo. Al di là degli aspetti umani, OCST teme che queste forzature possano incrinare ulteriormente i rapporti con l'Italia in un periodo difficile. «In una visione di lungo termine, il governo cantonale dovrebbe al contrario favorire quel ruolo di cerniera tra la Svizzera e l’Italia che potrebbe conferire al nostro Cantone una funzione strategica di interesse nazionale, facendone un perno ineludibile delle relazioni economiche e politiche tra i due Stati», termina la nota.
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