POLITICA
«Vedo gratitudine quando diciamo a qualcuno che può morire»
Un operatore di Exit spiega che gli aumenti sono dati dall'attività della Liberty Life. E chiede: «che alternative ha un paziente terminale per non soffrire più?»
GIUBIASCO - Il suicidio assistito è al centro dell'attenzione, dopo la bocciatura da parte della Commissione sanitaria della proposta dei Verdi di permettere a chi vuol essere accompagnato verso la morte di farlo nelle strutture ospedaliere o nelle case per anziani. Quando contattiamo Exit per saperne di più, anche sull'aumento dei casi, l'operatore Ernesto Streit critica la stampa di parlare poco «di sofferenza, di etica, di umanità e del perché qualcuno sceglie di morire, delle emozioni in gioco in quel momento». E allora riportiamo la sua versione, senza giudicare.
In Ticino c'è stato un aumento di suicidi assistiti, come mai?
«Come Exit non abbiamo visto degli aumenti rilevanti, siamo passati da 17 del 2014 a 21 nel 2015. Sicuramente sono aumentati perché c'è un'associazione che opera da qualche tempo in prevalenza occupandosi dei pazienti italiani. Se non ci fosse questa ditta che lavora con l'Italia, dove non hanno la possibilità di ricorrere al suicidio assistito, non vi sarebbero incrementi di rilievo (si tratta della Liberty Life: da noi contattati, non hanno voluto rilasciare dichiarazioni, ndr.)».
Com'è il vostro rapporto coi parenti di chi vi chiama, possono sorgere problemi?
«La legge svizzera non chiede l'accordo dei parenti ma che la persona sia in grado di intendere e volere. Non esiste che si debba chiedere ai parenti che cosa voglio fare della mia vita. Da noi l'accompagnamento senza parenti è praticamente escluso, non mi serve l'accordo ma chiedo che siano informati, il che è diverso, perché per chi muore i problemi sono risolti però per chi rimane no. È però raro che ci siano problemi perché nella quasi totalità dei casi si tratta di malati terminali, persone determinate a non più soffrire, e i parenti capiscono e rispettano la decisione. I parenti, nella quasi totalità degli accompagnamenti fatti con noi sono presenti al momento del suicidio assistito, accompagnando il loro caro».
Quanto costa essere accompagnati al suicidio?
«Da noi non costa nulla, perché se si è associati da tre anni (45 franchi all'anno) l'accompagnamento è gratuito».
Pensare che qualcuno si voglia affiliare a Exit fa credere che venga preso in considerazione, in un'ottica futura, di ricorrere al suicidio assistito...
«È lo stesso principio di essere affiliati alla Rega. Se cado in montagna e rompo una gamba, la Rega può soccorrermi. Se sono malato terminale sofferente, qualcuno può aiutarmi in quel momento».
Concorderà però che non è proprio la stessa cosa, qui entra un principio etico.
Il discorso etico c'è, noi lo chiamiamo autodeterminazione. Se uno è consapevole di voler avere la possibilità di decidere della sua vita in caso di malattia e poter usufruire dell’assistenza al suicidio è un candidato per l'affiliazione».
Secondo lei la pratica dovrebbe essere permessa in ospedali o case per anziani?
«Qual è l'alternativa del malato sofferente e terminale che non può porre fine alla sua sofferenza e che giorno dopo giorno ha mali atroci? Probabilmente vuole porre fine a questa sofferenza e se non ha alternative, perché la medicina palliativa non lo aiuta o è allergico ai farmaci, l'uscita con un suicidio assistito può essere comprensibile. Se non è previsto nella struttura ospedaliera, che alternative vi sono? Venire da noi vuol dire essere portati a Zurigo in ambulanza perché noi non abbiamo una struttura in Ticino, e questo è un calvario. Ci sono case anziani che ce lo permettono, ma dobbiamo concentrarci laddove non possiamo e dobbiamo portare le persone a Zurigo».
Voi operatori non vi ponete mai il problema etico? E i medici, che hanno prestato il giuramento di Ippocrate?
«Personalmente quando vedo la gratitudine di queste persone che soffrono quando diciamo loro che possiamo aiutarli e che possono morire, o dei loro parenti non ho dubbi etici, altrimenti non farei questa attività. Nei medici abbiamo le due tendenze, chi li accompagna sino alla fine essendo presente al suicidio assistito e chi si appella al loro giuramento affermando di non poter porre fine alla vita di una persona perché contro la sua etica. La prima tendenza sta prendendo spazio, ci sono sempre più dottori che capiscono che dei pazienti terminali possano avere diritto a porre fine alla loro vita senza soffrire per altri mesi».
Cosa vorrebbe dire a chi dovrà votare su questo tema?
«Sarebbe giusto che nelle case anziani e nelle strutture di cura permettessero l'accesso a organizzazioni serie. Poi aggiungo che si sta enfatizzando il problema, perché in cinque anni in cui opero in Ticino le persone tolte da case anziani e ospedali per usufruire del suicidio assistito si possono contare sulle dita di una mano».
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