POLITICA
Laffranchini, «immagini raccapriccianti. Ma il carcere non è un hotel a cinque stelle»
Il Direttore delle Strutture Carcerarie Cantonali commenta le foto di Orbe. «Spesso da altri carceri arrivano persone positive ai test sugli stupefacenti». E sulle richieste odierne e il fenomeno jihadisti spiega che...
LUGANO - «Raccapriccianti», così Stefano Laffranchini, Direttore delle Strutture Carcerarie Cantonali, commenta le foto provenienti dal penitenziario La Colonie, a Orbe (VD), con detenuti che fumavano spinelli, consumavano droga e si facevano selfie ricordo.
Cosa pensa delle foto di La Colonie? Potrebbe capitare anche in Ticino?
«Per quanto ci concerne, noi cerchiamo di impedire questo genere di cose. Facciamo dei controlli molto severi sugli apparecchi elettronici, con il supporto anche della polizia federale che ha un apparecchio apposito che identifica la presenza di telefoni cellulari. L'anno scorso non ne sono stati trovati. I nostri controlli all'entrata sui visitatori, inoltre, sono particolarmente stretti, è difficile far passare qualcosa di grande come uno smartphone. Riteniamo che la navigazione in Internet sia molto pericolosa per la sicurezza. Foto? Se la vita nel carcere è ordinata non mi preoccupano, più che altro penso alla sicurezza. Invece per quanto riguarda le sostanze stupefacenti eseguiamo controlli molto serrati sulle urine, oltre a quelli all'entrata eccetera, in particolare su chi è consumatore e in modo più saltuario sugli altri. Sappiamo quando eventuali sostanze stupefacenti entrano, e dunque risaliamo a come hanno fatto».
A Orbe evidentemente non è stato così...
«Non conosco la situazione del loro carcere, ma le dico che capita che quando arrivano detenuti da altri carceri e li sottoponiamo ai controlli delle urine risultano positivi. Per me comunque l'importante è che non ne consumino qui. Da quando sono arrivato io i controlli si sono moltiplicati, anche se la pena è la privazione di libertà, non condizioni non dignitose di privazione della libertà e va trovato un compromesso fra la dignità e la situazione che deve essere sotto controllo. Ho ordinato almeno dieci controlli delle urine e dieci con l'etilometro la settimana, una modalità che mantiene vivibile la carcerazione, non comporta troppe spese o lavoro esagerato per gli agenti che ho a disposizione dato che l'effettivo è quello che è. E permette di evitare quasi con sicurezza che in carcere qualcuno si droghi: escludo un caso Orbe in Ticino».
Questa mattina è trapelata la notizia che i detenuti ticinesi vorrebbero più ore d'aria e un diverso uso del loro guadagno, ci spiega?
«Le ore d'aria sono richieste dai prevenuti, cioè da coloro che sono in carcere in attesa di giudizio, collocati alla Farera. L'obiettivo del carcere giudiziario è garantire che il procedimento possa avvenire senza inquinamenti di prove e bisogna fare attenzione che non passino informazioni, né fra i detenuti né all'esterno. Dunque, avendo un'occupazione molto elevata, bisogna prestare attenzione a chi svolge l'ora d'aria con chi, e questo presuppone un regime con una sola ora d'aria. Ma si protrae per meno di tre mesi, poi l'inchiesta in genere è conclusa e il detenuto viene liberato o viene collocato alla Stampa, dove sta in carcere solo 12 ore, praticamente la notte. Per i fondi, vi sono delle norme concordatarie, che dicono che dei 33 franchi con 8 dedotti per spese di sostentamento, i detenuti possono usare il 65% per fare ciò che vogliono, il 15% è bloccato perché serve al momento della scarcerazione: dato che puntiamo al reinserimento sociale non faremmo un favore facendolo uscire dopo 10 o 20 anni senza un franco. Infine il 20% viene dedotto per spese straordinarie, per esempio medicine non coperte dalla LAMAL, per rifondere danni alle vittime eccetera».
Le foto e le richieste, vedendo i commenti del web, provocano rabbia verso i detenuti. Non teme che questa idea del "villaggio vacanze" possa diminuire l'effetto deterrente del carcere?
«Non è affatto un villaggio vacanze. Hotel a cinque stelle? Inviterei chi lo pensa, anche se non si può, a vivere l'esperienza del carcere, con gli inconvenienti dati dalla convivenza forzata e da una vita molto regolata, con ogni minuto della giornata scandito. Tutti i detenuti possono essere sottoposti a controlli delle celle, alla persona, al controllo delle urine e dell'etilometro in ogni momento. Non è una passeggiata, le assicuro. Non lo è alla Farera, con 23 ore in cella, e neppure alla Stampa. Il nostro obiettivo, non dimentichiamolo, è comunque il reinserimento».
In merito al problema dei jihadisti, state prendendo delle misure particolari per scoprire eventuali derive terroristiche?
«Da noi al momento non c'è, e neppure a livello svizzero. Il centro di formazione sta organizzando dei corsi per spiegare come identificare sul nascere eventuali segnali. Se dovesse presentarsi il fenomeno alla Stampa abbiamo la fortuna di poter isolare i detenuti».
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