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17.02.2023 - 13:240
Aggiornamento: 17:33

“Aneurisma cerebrale: cos'è e come si cura”: una coinvolgente conferenza all’Ars Medica

Grande successo di pubblico per l’incontro tenutosi il 15 febbraio presso la Clinica di Gravesano. Un’occasione per pazienti e partecipanti per confrontarsi e chiarire dubbi su una patologia tanto seria quanto imprevedibile

GRAVESANO - È una patologia subdola, silente, che non dà avvisaglie né sintomi, e quando improvvisamente questi si manifestano bisogna intervenire tempestivamente. Ed è ciò la rende particolarmente insidiosa.

Il 15 febbraio, presso la Clinica Ars Medica, si è tenuta la conferenza pubblica dal titolo "Aneurisma cerebrale: cos'è e come si cura”, che ha riscosso enorme successo e suscitato grande interesse tra il pubblico. Prevenzione, diagnosi, cura e monitoraggio sono i temi trattati durante la serata dal dottor Thomas Robert, specialista in neurochirurgia e operativo al Centro Colonna Vertebrale di Ars Medica.

La conferenza, moderata dalla giornalista Maria Grazia Buletti, si è aperta con il saluto di benvenuto di Fabio Rezzonico, Direttore Generale Regione Ticino di Swiss Medical Network. Al dibattito ha partecipato anche la neo costitutita Associazione Ticinese per pazienti con Aneurisma Cerebrale e altre malformazioni neuro-vascolari (ATAC), promossa dallo stesso dottor Robert, e i cui ex pazienti hanno condiviso le proprie esperienze con i numerosi partecipanti, che hanno così potuto chiarire i loro dubbi e conoscere questa patologia, in modo da evitare, ed eventualmente saper gestire, situazioni di emergenza.

Come spiega il dottor Robert, l’aneurisma cerebale (che è una dilatazione anomala e permanente della parete arteriosa o venosa) si manifesta casualmente; nel corso di indagini alla ricerca di altre patologie, come emicranie o capogiri, o attraverso un sanguinamento nel cervello a causa della sua rottura. Vi sono persone portatrici inconsapevoli di questa patologia, mentre in altri casi quando lo si scopre lo si deve affrontare con estrema urgenza, con tutte le conseguenze di ciascuna singola specifica situazione. In un simile frangente, si rende necessario rivolgersi immediatamente alle urgenze del Pronto soccorso, per un’immediata e adeguata presa a carico.

Il trattamento dell’aneurisma cerebrale ha come obiettivo primario quello di fermare o ridurre il rischio di emorragia subaracnoidea, e consiste in un intervento specifico per ogni singolo paziente, identificato sulla base delle sue caratteristiche: età, storia clinica, sintomi sviluppati, oltre alle caratteristiche dell’aneurisma per dimensioni e sede. I tipi di intervento sono due: la craniotomia con “clipping” chirurgico, che consiste nel posizionamento di una clip metallica nella sede del colletto dell’aneurisma, e il trattamento mini invasivo, con l’inserimento nell’arteria femorale di un catetere che risale fino all’aneurisma dove si posizionano dei coils (micro spirali) che andranno a riempirlo.

Per prevenire l’insorgenza di aneurismi cerebrali è necessario sicuramente condurre uno stile di vita sano (monitoraggio della pressione arteriosa, smettere di fumare, eliminare o ridurre l’alcool) per tenere sotto controllo i fattori di rischio, ma anche un’anamnesi familiare del paziente è importante, per escludere o trattare eventuali familiarità con la patologia.

Durante la conferenza è intervenuta anche la Presidente dell’ATAC Marzia Nobs, che ha sofferto di aneurisma cerebrale, e ha raccontato alla platea la propria toccante esperienza personale. Nel 2018, Marzia ha 50 anni, gode di buona salute, senza problemi particolari, ed effettua esami e controlli con cadenza regolare. Una sera, finita una telefonata, alzandosi avverte come “una fucilata alla testa” e dall’intensità di quel dolore capisce subito che si tratta di qualcosa di anomalo. Con prontezza avverte un’amica e chiama l’ambulanza; lascia la porta aperta, così che al loro arrivo i soccorritori possano entrare. Giusto in tempo, perché pochi minuti dopo aver chiesto aiuto inizia a stare male, vomita. Ricoverata in pronto soccorso viene dimessa, ma le sue condizioni continuano a peggiorare. Dorme tutto il tempo, è spossata, continua a lavorare nel suo salone di parrucchiera, ma si sente debole e si deve fermare spesso. Viene portata una seconda volta in ospedale, e questa volta viene ricoverata d’urgenza. Attraverso esami specifici si scopre che Marzia ha ben tre aneurismi cerebrali, di cui uno si è rotto, causando emorragia, dunque va operato immediatamente. Dopo l’intervento, il blackout. Marzia non ricorda nulla delle tre settimane successive, ma sa che la prognosi è complicata e la convalescenza lunga e difficile. Paralizzata sul lato destro, in sedia a rotelle, deve imparare nuovamente a deglutire, a parlare, a camminare. Nel 2019 e nel 2020 Marzia è operata degli altri due aneurismi; stavolta sono interventi programmati, così riesce ad evitarne la rottura. Tutto questo le costa in ogni caso quasi un anno e mezzo di ricovero alla clinica Hildebrand di Brissago, e diversi altri mesi in day hospital, per la riabilitazione. Tutt’oggi, a distanza di due anni, Marzia si sottopone a sedute di ergoterapia e fisioterapia, due volte la settimana, ed è seguita da uno psicoterapeuta. Sa che il percorso di guarigione è ancora lungo e che probabilmente non tornerà mai esattamente tutto com’era prima, ma non si arrende, continua ad affrontare il suo percorso con coraggio e positività. Per cercare di alleviare la sua sofferenza e superare questo trauma, Marzia sente di voler essere d’aiuto ad altre persone nelle sue condizioni e ai loro familiari.

Così, da questa esperienza travagliata ed emblematica nasce l’idea di mettere in contatto le persone - pazienti  e loro familiari, ed ex pazienti - attraverso un’iniziativa di auto-aiuto che è sfociata nella costituzione, lo scorso 29 gennaio, dell’ATAC. Conoscere una patologia così insidiosa permette di non trovarsi in una situazione di emergenza e agevola una presa a carico programmata e personalizzata. Oggi Marzia porta la propria testimonianza anche in seno all’Associazione costituita dal dottor Robert - il suo “angelo custode”, come afferma lei stessa. L’ATAC raccoglie diverse persone, alcune delle quali si mettono, come lei, a disposizione per sostenere con la propria esperienza chi sta affrontando la patologia, la convalescenza, o deve sottoporsi a un intervento.

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