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31.08.2015 - 13:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

La psicologa, «la consapevolezza rende liberi. Attenzione a bullismo e esclusione, minano la stima di sé»

La psico-sessuologa Kathya Bonatti elenca i temi più scottanti che la scuola deve affrontare nell'accompagnare la crescita dei ragazzi. «Gli stranieri devono adattarsi alle regole del paese. E serve un'educazione sessuale esterna e senza voto».

LUGANO - Ansia da prestazione, iperattività, bullismo, problemi famigliari, integrazione, tecnologie, sessualità. Sono tanti i temi che ruotano attorno a ragazzi e adolescenti, che oggi tornano a scuola. Per cercare di capire le loro problematiche e se vengono affrontate nelle scuole in modo corretto, abbiamo interpellato la psico-sessuologa Kathya Bonatti.Quali sono i principali problemi che la scuola deve affrontare oggi?«Da punto di vista didattico, stare al passo con i tempi a livello tecnologico. Le materie devono avere un'utilità, dare degli strumenti con cui affrontare il mondo attuale con i suoi profondi cambiamenti. A mio avviso esistono delle lacune nelle competenze, ho più volte proposto dei corsi che educhino ad uno stile di vita e relazionale sano, basato sul rispetto di sé e degli altri, dove parlare di temi come tossicodipendenza, fumo, discriminazione eccetera. Da un non rispetto derivano molti comportamenti autodistruttivi e tanti abbandoni, che si potrebbero evitare, così come difficoltà nelle relazioni: i giovani sanno essere spietati».Il bullismo, dunque, è un argomento reale. «A livello della percezione che ho io, attraverso i racconti di madri e ragazzi, in Ticino non è molto forte, ma si tratta di una violenza attenuata. Preoccupano il cyberbullismo e il sexting. Il rischio è che chi subisce perda la stima in sé stesso, con strascichi pesanti, a meno che abbia dietro le spalle una famiglia forte che lo spalleggi. Un ragazzo studioso passa per uno che non sa godersi la vita, che si dedica solo a studiare e non aiuta gli altri. Si tratta ovviamente di pregiudizi, perché chi è bravo può esserlo per sé stesso e per gli altri. Sovente, i ragazzi fanno pagare le proprie incapacità ai migliori, accusati di non dare una mano, perché è più facile che prendersi la propria responsabilità. È una forma di bullismo anche questa, più subdola e più difficile da vedere perché il reato non è visibile, vi sono vittime bianche. Le ferite del rifiuto sono importanti, in questo caso chi ne è colpito deve trovare aggregazione in contesti che non siano la scuola».Un giovane docente ci ha detto che sono aumentati i casi di dislessia e di iperattività, concorda? E come mai è successo?«La dislessia è un problema medico, per cui non posso entrare nel merito. Anche i deficit di attenzione possono esserlo, se non hanno origini psichiatriche o neurologiche derivano dagli aumentati stimoli che la vita propone. È impensabile per un ragazzo immagazzinare tutto ciò che viene spiegato ben sapendo che può trovare le informazioni su Internet, se le lezioni sono noiose e non all'altezza degli stimoli esterni l'attenzione cala».Come vanno gestiti i ragazzi con situazioni famigliari difficili (per esempio realtà disgregate), le quali sono in aumento?«I compiti di educazione che spettano alle famiglie sono sempre più spesso delegati troppo alla scuola. Realtà disgregate non sanno gestire i ragazzi e li abbandonano a sé stessi. L'insegnante deve cogliere alcuni segnali, come un'accresciuta aggressività, una svogliatezza, dei cambiamenti repentini: sono campanelli d'allarme che qualcosa a casa non va. Da questo punto di vista, il livello è buono. Un docente può prendere atto dei racconti e mandare l'allievo dallo psicologo della scuola, o fargli sapere che in caso di bisogno è presente, anche come sostegno».La società, e di conseguenza le classi scolastiche, è sempre più multietnica. Come si aiuta uno straniero a integrarsi in aula?«Il diverso va accompagnato, ma deve adattarsi al modo di vivere e alla cultura del paese da cui viene accolto. Si deve dargli una mano, però anche far capire che non può fare come vuole se nella sua cultura viene minato il rispetto umano. Penso soprattutto al burqa, che non deve essere indossato a scuola, o alle lezioni di nuoto che vanno svolte da tutti in costume, così come non vanno concessi esoneri da eduzione ginnica e sessuale».A proposito di educazione sessuale, si discute sovente di come trattarla e quando introdurla. Lei che cosa ne pensa?«Il tema suscita tante perplessità a livello di scuola elementare, per come viene proposta e per l'essere troppo cruda nel portare all'attenzione dei bambini problemi che ancora non hanno. Secondo me va insegnata dalla prima media, e divisa per fasce d'età, con contenuto e linguaggio adatti. Non dovrebbero essere gli insegnanti a parlarne ma persone specifiche, che concordano con docenti e genitori i temi. Sono a favore di persone esterne, che non giudicano e a cui i ragazzi devono poter rivolgere domande. Per non farli appunto sentire giudicati, ritengo che sia una materia in cui non si debba avere un voto».A suo avviso, infine, il lavoro degli insegnanti ticinesi è ideale? Quali sono i maggiori problemi dei docenti e nei rapporti con gli allievi?«Un insegnante è una via di mezzo fra chi passa conoscenze e aiuta a sviluppare un senso critico ed un maestro di vita, che trasmette valori quali il rispetto di sé e degli altri. Un alunno deve uscire dalla scuola avendo appreso anche ad amarsi. Gli anni trascorsi dietro i banchi sono i più formativi, un docente deve imparare a non far sfociare le proprie ansie durante le lezioni e a far capire all'allievo che crede in lui, pur con i suoi limiti. Vi sono purtroppo del sadismo, e anche del bullismo da parte di chi insegna, anche solo non vedendo quello praticato dal gruppo, oltre a crudeltà psichica e svalutazione del ragazzo, con conseguente danno alla stima di sé. Poi c'è chi non ha passione e non comprende l'importanza del suo ruolo e non ha entusiasmo e gioia. Una lezione ideale, in linea di massima, è composta da introduzione, spiegazione e riassunto, e va detto perché per esempio è importante sapere la storia o la geografia, che serve a capire il mondo e che la consapevolezza rende liberi».
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