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21.05.2019 - 17:550

Masoni attacca: "Subito giù l'aliquota dell'imposta sugli utili al 6%. Vogliamo o no la moda, dinamica per natura?"

L'ex Consigliera di Stato e presidente di TicinoModa ha parlato di "immobilismo che punta a una stabilità economica, come rifiuto di tutto ciò che cambia" e ha esortato politica ed economia a muoversi in tempi rapidi

LUGANO – Il mercato della moda è instabile, è ballerino, ma porta profitti. Il Ticino che fa? Lo vuole o no? per mantenere stabilità, preferisce l’immobilismo. Non le manda certo a dire, Marina Masoni, presidente di TicinoModa, in un discorso tenuto al LAC, imperniato sulla Fashion Valley che tanto fa discutere e sulla fiscalità, uno dei suoi cavalli di battaglia da sempre.

Partiamo da qui: bisogna fare qualcosa, per lei, subito. “Il riformismo fiscale è fermo al palo da troppi anni. Il pacchetto fiscale approvato in votazione popolare cantonale qualche tempo fa è stato un piccolo passo, necessario ma non sufficiente. Occorre quanto prima avviare la riduzione dell’aliquota dell’imposta sugli utili delle persone giuridiche: l’obiettivo minimo è il 6%. Non dovessimo raggiungerlo, tutto sarebbe più difficile e complicato. Ne va degli interessi dell’intera nostra comunità, dei servizi e delle prestazioni che lo Stato e la società civile possono offrire sul territorio”, ha detto.

E la moda? “Essa è dinamismo per antonomasia. In tutti i sensi.La domanda è allora questa: vogliamo che il Ticino colga le opportunità di crescita e benessere offerte da un’industria della moda dinamica, anche con i marchi internazionali più prestigiosi e conosciuti, oppure preferiamo rinunciarvi in nome di una illusoria stabilità economica che sarebbe data da non si sa bene quale alternativa?”, si è chiesta. “Questo tipo di aziende non garantisce stabilità, è stata di fatto l’accusa. Certo che no: gli imprenditori della moda operano - come sappiamo – su un piano globale. Non abbiamo alcuna garanzia che chi ha scelto il Ticino come territorio di insediamento, di sviluppo e di crescita, rinunci tutt’a un tratto a quel dinamismo imprenditoriale e a quella mobilità globale che lo hanno portato qui. Il rischio che un giorno opti per altri lidi c’è. Lo sappiamo”. 

Correre o no il rischio? È una delle grandi domande in Ticino. “A maggior ragione se accanto ai criteri prettamente aziendali, a quelli economico-imprenditoriali di valutazione dei sistemi-paese entrano in gioco fattori di condizionamento politico. La campagna politica e mediatica lanciata contro la competitività fiscale svizzera in questo ambito è uno di tali fattori. C’è anche una buona dose di incoerenza da parte di chi lamenta queste partenze dal nostro territorio e tuttavia si oppone alle riforme fiscali che darebbero risposte efficaci alle pressioni esterne e permetterebbero di mantenere qui quelle attività, che generano lavoro, utili societari e gettito fiscale a beneficio dell’intera comunità”, ha attaccato Masoni.

“Siamo coscienti che si confrontano visioni diverse su come il Ticino debba posizionarsi economicamente e incentivare i suoi motori economici, ma la ricerca di stabilità si traduce oggi in un atteggiamento stazionario, in una scelta di puro immobilismo, che punta solo a una stabilità economica intesa come immutabilità del presente, come totale prevedibilità del futuro, come rifiuto di tutto ciò che innova, cambia, rimescola le carte; un atteggiamento in opposizione frontale alla visione attiva, propositiva, dinamica, che accoglie la sfida dell’incertezza, del cambiamento e della competizione e per questo vuole adattare gli strumenti di cui un piccolo territorio può servirsi per dare risposte positive”, ha concluso, generalizzando il discorso non solo con la moda ma in generale sulla visione di economia ticinese.

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