Don Feliciani: "Dopo aver benedetto con un filo di voce il mondo intero, si è spento il giorno dopo, portando con sé le catene dei carcerati, le piaghe degli ammalati, le lacrime dei poveri, le carezze dei bambini, le sofferte preghiere per la pace"
di Don Gianfranco Feliciani
Dopo aver benedetto con un filo di voce il mondo intero dalla loggia di San Pietro e salutato il suo popolo raccolto nella piazza per la festa di Pasqua, papa Francesco si è spento il giorno dopo, portando con sé le catene dei carcerati, le piaghe degli ammalati, le lacrime dei poveri, le carezze dei bambini, le sofferte preghiere per la pace. E il mondo intero per un momento si è fermato, come incantato dalla disarmante tenerezza di quest’uomo vestito di bianco. Tenerezza: in questa parola, che così spesso, quasi senza accorgerci, noi releghiamo nello spazio irrilevante del privato e del sentimentalismo, c’è in realtà tutto il mistero di Francesco.
“Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!”. È con questo inaspettato appello che “tenerezza” diventa una delle parole chiave – tra le più usate e innovative – del pontificato di Francesco. Il papa la pronuncia più volte già il 19 marzo 2013 nell’omelia della Messa in Piazza San Pietro con la quale inizia il suo ministero, presentandola quasi come un programma di vita: “Il prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza”, che “non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d’animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all’altro, capacità di amore”. E spiegando aggiunge che “custodire il creato, ogni uomo ed ogni donna, con uno sguardo di tenerezza e amore, è aprire l’orizzonte della speranza!”.
Che sia un concetto a cui il papa tiene molto, lo si comprende meglio nei giorni immediatamente successivi, quando Francesco lo riferisce a Dio e alla sua misericordia. Il 7 aprile, prendendo possesso della Basilica di San Giovanni in Laterano, Cattedrale del Vescovo di Roma, Francesco così rilegge la parabola del figliol prodigo: “Il Padre con pazienza e amore, con speranza e misericordia non aveva smesso un attimo di pensare a lui, e appena lo vede ancora lontano gli corre incontro e lo abbraccia con tenerezza, la tenerezza di Dio, senza una parola di rimprovero: è tornato!”. E aggiunge: “Lasciamoci avvolgere dalla misericordia di Dio e sentiremo la sua tenerezza, tanto bella; sentiremo il suo abbraccio e saremo anche noi più capaci di misericordia, di pazienza, di perdono, di amore”.
Tenerezza! È la parola che oggi, più che mai, sembra invece contare quasi nulla nel mondo della tecnica, della politica, dell’economia. In questo nostro mondo, dilaniato da una “guerra mondiale a pezzi”, non c’è posto per la tenerezza! Eppure sabato scorso, il giorno dei funerali in Piazza San Pietro, i potenti della terra erano tutti lì a salutare Francesco, il papa della tenerezza!