TRIBUNA LIBERA
I dubbi di Bosia Mirra: "Se io fossi andata a prendere una famiglia siriana, sarei finita in galera"
L'ex deputata socialista, coinvolta in una vicenda penale per aver accompagnato dei migranti in Svizzera, riflette: "Ora tutti felici di accogliere e portare qui le famiglie ucraine. La gente è influenzata dalla morale comune"

di Lisa Bosia Mirra

Stamattina ho ragionato a lungo su questo tema che tiene occupata la testa, dei tanti, che si occupano da sempre di aiutare migranti in difficoltà e cioè perchè questa ondata di solidarietà non si sia prodotta prima, quando a crepare e cercar rifugio erano i siriani, gli afgani, i pakistani, i sudanesi, gli eritrei, gli etiopi. Perché un bambino e una madre che annegano nel mediterraneo siano passati indifferenti nelle coscienze di chi ora, prende un pulmino e va in Polonia a raccogliere e portare a casa, letteralmente, profughi ucraini.

Non c’è una risposta univoca ma credo dipenda dalla narrazione che viene fatta delle situazioni. Mi spiego, la mia impressione è che la gente agisca in modo acritico e senza pensare a fondo a quello che fa: se la maggioranza pensa che una cosa sia sbagliata allora è sbagliata, se invece la maggioranza pensa che una cosa sia giusta allora è giusta.

Vi invito ad andare a leggere i commenti sotto la bacheca di Filippo Lombardi che esalta l’atto di essere andati a prendere due famiglie ucraine e averle portate in Ticino. Sono tutti a favore, tutti felici di accogliere queste persone.

Ma perché, perché fino a tre settimane fa se fossi andata a prendere delle famiglie siriane ricacciate in Bielorussia dalla Polonia, lasciate crepare in una palude a meno 13°, sarei finita in galera per aver violato la condizionale mentre ora è tutto normale?

Perché la gente non pensa con la propria testa o meglio ciò che è giusto o sbagliato viene determinato dalla morale comune, semplice. E la morale comune è influenzata dalla narrazione. I media dunque hanno una grande responsabilità nel determinare ciò che è da censurare, da condannare e ciò che non lo è. Lapalissiano, lo so, ma ripeterlo mi aiuta a capire e calmare il senso di spaesamento che provo. 

Infine, le parole sono importanti e ho usato migranti e non profughi perché chi opera con umanità, a contatto con la propria coscienza, e non secondo il sentire comune, non fa distinguo tra chi scappa da una guerra e chi dalla fame. Non fa distinguo tra un uomo, una donna, un bambino, un giovane, un vecchio.

Un forte abbraccio a chi si sente disorientato come me e un benvenuto nella famiglia dei solidali a chi ha deciso solo ora di mettersi a disposizione, non è mai troppo tardi.


 

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