TRIBUNA LIBERA
Locarno dichiara guerra alle palme (con multe a 4 zeri). Salvioni: "Persecuzione botanica"
L'ex municipale: "L’ambientalismo amministrativo non può sostituirsi al buon senso e al diritto. Una simile disciplina, priva di una chiara base legale formale cantonale o federale, travalica i limiti del potere comunale"

di Niccolò Salvioni *

È davvero impressionante constatare come un’autorità esecutiva locale possa spingersi a limitare in modo così diretto la proprietà privata, senza una chiara base legale e senza valutare le conseguenze pratiche delle proprie decisioni.

La nuova ordinanza municipale della Città di Locarno sulla palma di Fortune (Trachycarpus fortunei), o “palma ticinese”, non si limita a promuovere sensibilità ambientale o misure di contenimento, ma impone veri e propri obblighi ai cittadini.

L’articolo 3 stabilisce che “al privato è fatto obbligo di gestire annualmente la manutenzione delle proprie palme tramite il taglio delle infiorescenze prima della fruttificazione e il corretto smaltimento degli scarti”.
E aggiunge: “Nel caso di impedimento nella rimozione delle infiorescenze, la palma deve essere abbattuta”.

Chi non adempie riceve un’ingiunzione a intervenire a proprie spese, e in caso d’inottemperanza “il Municipio può intraprendere provvedimenti sanzionatori proporzionati alla gravità”: multe fino a 10’000 franchi, con possibilità di intervento sostitutivo del Comune, che potrà far eseguire i lavori e addebitare i costi al proprietario.
È persino vietato “smaltire le parti fruttifere nel compostaggio domestico” sotto pena di contravvenzione.

Una simile disciplina, priva di una chiara base legale formale cantonale o federale, travalica i limiti del potere comunale: l’OEDA federale (Ordinanza sull’immissione deliberata) vieta solo la compravendita della specie, ma non prevede alcun obbligo di abbattimento o manutenzione forzata.
Eventualmente permette delle raccomandazioni, non ordini coercitivi. L’ordinanza locarnese, quindi, si spinge ben oltre il quadro legittimo e introduce restrizioni alla proprietà privata che nessuna legge superiore consente.

E pensiamo alle migliaia di palme storicamente diffuse spontaneamente sui pendii assolati sopra la città, in zone fuori piano regolatore, dove spesso i proprietari neppure frequentano i terreni da decenni.
Pretendere che taglino ogni anno le infiorescenze o che procedano all’abbattimento è sproporzionato e inattuabile, e di fatto spinge al rischio di “bonifiche” distruttive e senza controllo.

A questo punto, non sorprenderebbe se, negli annunci immobiliari del Locarnese, iniziasse a comparire una nuova dicitura di valore: “Terreno con palme ticinesi preesistenti al divieto federale del 2024”.
Un’indicazione del genere potrebbe presto assumere un vero peso patrimoniale, segnando la distinzione tra chi possiede un giardino “storico” legittimamente popolato da palme e chi, invece, si trova improvvisamente esposto a obblighi di manutenzione annuale, sanzioni o perfino interventi d’ufficio.

In un mercato immobiliare dove si valorizza ogni peculiarità – vista lago, orientamento solare, piscina o giardino mediterraneo – anche la data di nascita di una palma rischia di diventare un elemento contrattuale.
Una sorta di certificato di non colpevolezza botanica, simbolico dell’epoca in cui la burocrazia arriva a distinguere tra palme “tollerate” e palme “proibite”.

Sotto il profilo simbolico, tutto questo lascia emergere una deriva culturale preoccupante: una forma di “discriminazione botanica”.
Siamo passati dall’idea di valorizzare la biodiversità naturale a una sorta di moralismo ecologico, dove alcune specie vengono considerate “impure” e da estirpare solo perché non originarie.

Del resto, basta volgere lo sguardo alla Via della Pace, quella che un tempo si chiamava Via delle Palme: lungo quel viale, piantumate alla fine dell’Ottocento, crescono ancora oggi storiche palme ticinesi che da più di un secolo accompagnano la memoria urbana della città e il suo spirito mediterraneo.
Sono le stesse palme sotto cui passarono, nel 1925, i delegati del Patto di Locarno, simbolo di dialogo e riconciliazione.

E allora viene spontaneo chiedersi: vogliamo davvero tagliare anche queste?
Distruggere ciò che da oltre cent’anni rappresenta l’identità e l’immagine stessa della “Città della Pace” significherebbe negare non solo la natura, ma anche la storia che ci ha resi europei.

Ma la natura – come la storia e la cultura – vive di ibridi, migrazioni e adattamenti: pretendere di purificarla significa in realtà violarne la complessità.
Difendere gli ecosistemi è essenziale, ma farlo senza misura, con l’arma dell’obbligo e della sanzione, rischia di trasformare una causa giusta in un atto di coercizione simbolica.

Ah, dimenticavo un piccolo dettaglio: i limiti sembrano essere posti al privato, non al pubblico, anche quest’ultimo proprietario di vaste distese di territorio che si troverebbe a dover periodicamente mappare e controllare.

L’ambientalismo amministrativo non può sostituirsi al buon senso e al diritto.
O finirà per distruggere ciò che pretende di proteggere.

* avvocato, ex municipale di Locarno

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