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18.09.2015 - 08:150
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Un accordo dannoso per il mercato del lavoro!

di Lorenzo Jelmini, granconsigliere per Partito Popolare Democratico e Generazione Giovani

Dal recente incontro a Bellinzona tra il Consiglio di Stato e l’on. Widmer Schlumpf, riguardante i rapporti fiscali e non solo tra Svizzera e Italia, è stato delineato il percorso negoziale del prossimo mese. Da indicazioni emerse, sembrerebbe che entro la fine dell’autunno i negoziati potranno concludersi con un Accordo tra i due paesi.

Mi sembra importante, per quanto riguarda il Canton Ticino, porre l’accento su quella parte di negoziato che riguarda la modifica dell’Accordo che disciplina la tassazione dei frontalieri. Sulla base di questo Accordo le imposte sul reddito dei frontalieri sono prelevate soltanto dai Cantoni Ticino, Grigioni e Vallese. All’Italia, che non ha alcun diritto impositivo, viene ristornato il 38,8% delle imposte. Di conseguenza il Ticino, che preleva quasi 150 mio all’anno d’imposta comunale, cantonale e federale sul reddito dei frontalieri, ristorna all’Italia poco meno di 60 mio, trattenendo dunque per sé 90 mio.

Le discussioni in corso tra le due delegazioni dovrebbero concludersi nel senso che il Ticino potrà prelevare il 70% del gettito complessivo, vale a dire 105 mio, con un vantaggio di 15 mio rispetto alla situazione attuale da suddividere tra comuni, Cantone e Confederazione. Per contro l’Italia assumerebbe il diritto di tassare i frontalieri residenti nella fascia di frontiera, adottando le proprie aliquote e riconoscendo loro un credito d’imposta per quanto già pagato in Ticino.

Da alcune recenti pubblicazioni parrebbe che l’Italia, sulla base di queste prospettive negoziali, potrebbe beneficiare di un aumento del gettito fiscale pari a circa 300 mio. Il tutto dovrebbe partire dal 1° gennaio 2018. Fino ad allora si presume che resterà in vigore il sistema attuale e che pertanto la Svizzera rigirerà all’Italia gli ultimi ristorni nel 2019 (in relazione ovvero alle imposte versate nel 2017).

Sulla base di queste considerazioni mi permetto di porre alcuni interrogativi al Consiglio di Stato che voglio prima brevemente motivare.

In primo luogo il beneficio sull’aumento del gettito fiscale dell’Italia è con tutta evidenza (circa 300 mio, con riserva di approfondimento) ben superiore ai 15 mio che verrebbero conseguiti dalla Svizzera. Non mi sembra fuori luogo affermare che si poteva anche chiedere a favore dei tre Cantoni confinanti un diritto impositivo dell’80% che avrebbe comportato un aumento di 30 mio in luogo dei 15 mio previsti.

Inoltre apprendiamo che il Ticino dovrà rinunciare al moltiplicatore comunale al 100%, venendo costretto a ripristinare il moltiplicatore mediano, con una possibile ingente perdita. Ne consegue che alla fine dei conti il Ticino rischia di guadagnare ancora meno di quell’8% prima indicato. Sarebbe un’autentica beffa, un modo insomma per riscrivere radicalmente un nuovo sistema cambiando in realtà ben poco la sostanza.

Ma un ulteriore interrogativo, di non poco conto, deriva dal fatto che all’Italia viene assegnato un diritto impositivo estremamente rilevante, senza però sapere con certezza quando sarà concretizzato. In questo senso sarebbe auspicabile l’introduzione di una clausola che imponga all’Italia la rettifica dell’Accordo entro due anni. Sappiamo infatti quanto spesso in Italia riforme decise sulla carta abbiano poi dovuto subire rallentamenti molto forti prima di venire concretizzate in Parlamento.

Il tema per il mondo sindacale è di fondamentale importanza. Infatti se il prelievo fiscale a carico dei frontalieri sarà adeguato a quello che oggi viene applicato ai residenti in Italia fuori dalla fascia di frontiera, questa misura consentirebbe quanto meno di limitare il dumping salariale e il mercato del lavoro Ticinese ne sarebbe enormemente agevolato. Non si vuole evidentemente appesantire il carico fiscale di lavoratrici e lavoratori che operano sul nostro territorio, ma evitare che vi siano ulteriori speculazioni sulla manodopera proveniente da oltre confine così da fomentare un’ingiustificata guerra tra lavoratori.

Sulla base di queste considerazioni desidero chiedere al Consiglio di Stato:

 1. È stato chiesto alla delegazione Svizzera, anche tenendo conto del rilevante vantaggio finanziario che il nuovo trattato assegnerebbe all’Italia, di consentire ai Cantoni di prelevare sulle imposte dei frontalieri l’80% in luogo del 70% prospettato?

2. A quanto ammonterà realmente l’aumento del gettito fiscale per il Ticino vista la costrizione a rinunciare al moltiplicatore comunale massimo (oggi al 100%)?

3. Se la Confederazione non è stata in grado di chiedere all’Italia di poter prelevare l’80%, è stato chiesto alla Confederazione medesima di poter ripianare il 10% mancante tramite dei versamenti straordinari ai Cantoni di frontiera, i quali sostengono interamente l’emergenza sociale e infrastrutturale creata dal boom di frontalieri?

4. È stato chiesto alla delegazione Svizzera di stabilire con una norma vincolante quando l’Italia rettificherà l’Accordo in Parlamento?

Lorenzo Jelmini, granconsigliere per il Partito Popolare Democratico e Generazione Giovani

 
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