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29.08.2016 - 11:300
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

“Prima i nostri” è l’ultima ancora di salvezza per i ticinesi

di Piero Marchesi, Presidente UDC Ticino

Il mondo del lavoro in Ticino, checché ne dicano i vari Maggi dell’Ire, le associazioni economiche e il Ministro Vitta, si è deteriorato tanto da condizionare la vita di molti ticinesi. Chi abita in questo Cantone viene sempre più spesso sostituito dalla manodopera estera perché può permettersi di guadagnare la metà, a volte anche meno. Molte aziende italiane insediate in Ticino hanno portato un sistema di fare impresa che non ci appartiene perché fondato sulla speculazione. Aziende che cercano esclusivamente personale italiano sono all’ordine del giorno. Ciò ha causato un aumento importante dei ticinesi in disoccupazione e assistenza, che sono costretti a far capo allo Stato per vivere. In un Paese benestante come la Svizzera tutto ciò è irreale. Al fine di proporre una soluzione concreta ed efficace a questa deriva del mercato del lavoro, l’UDC ha lanciato un’iniziativa denominata “Prima i nostri” che verrà sottoposta in votazione popolare il prossimo 25 settembre. L’iniziativa si basa su tre pilastri fondanti: 1. Reintroduzione del principio della “preferenza indigena”: A parità di competenze il datore di lavoro sarà obbligato ad assumere un lavoratore residente, evitando altresì l’effetto di sostituzione. Un’azienda alla ricerca di un nuovo collaboratore dovrà dimostrare che le ricerche effettuate, in collaborazione con i vari uffici del Cantone, non avranno fornito dei candidati ticinesi. Solamente a questo punto il Cantone potrà valutare la reale necessità per il rilascio di un permesso G. I frontalieri continueranno ad essere impiegati solo dove realmente necessario 2. Lotta contro la pressione al ribasso sui salari (dumping salariale): È necessario evitare che il lavoratore ticinese sia sottoposto al ricatto “o accetti una diminuzione del salario oppure sei licenziato”. Attraverso la preferenza indigena la pressione sui salari dei ticinesi diminuirà in modo importante, perché l’offerta di manodopera estera a disposizione delle aziende diminuirà per il fatto di poterne attingere unicamente come alternativa alla mancanza di ticinesi. 3. Reciprocità con gli Stati esteri: Applicazione dei trattati internazionali in modo tanto restrittivo quanto restrittiva è l’applicazione dei medesimi trattati internazionali da parte degli Stati esteri, in particolare dell’Italia. È inammissibile che qualsiasi artigiano, impresario o lavoratore italiano possa ottenere un permesso di lavoro nel Cantone Ticino facendo due clic su internet, mentre le aziende ticinesi, per svolgere un lavoro in Italia debbano affrontare un infinità di burocrazia per vedersi infine negata l’autorizzazione. Nel campo finanziario, mentre banche e commercialisti italiani si muovono liberamente in Ticino, gli stessi operatori svizzeri sono impediti di lavorare in Italia. Il Parlamento verrà in seguito chiamato ad elaborare una legge d’applicazione fedele all’articolo costituzionale. La legge attuale ha dimostrato tutti i suoi limiti, per questo motivo è il momento di cambiarla. PLR e PPD hanno elaborato un controprogetto che permette loro di pulirsi la coscienza, ammettendo che i problemi esistono, ma non proponendo una soluzione efficace. Il controprogetto, ad esempio, non prevede l’obbligo della preferenza indigena, ma la auspica solamente. A cosa serve dunque? A nulla. Per questo motivo invito i ticinesi a non farsi infinocchiare da chi – con l’aiuto della sinistra - ha fatto di tutto per combattere l’iniziativa federale “Stop all’immigrazione di massa” nel 2014 e che ora applica lo stesso concetto del “non si può cambiare”. Cambiare si può, ma unicamente votando “Prima i nostri”.Piero Marchesi, Presidente UDC Ticino
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