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14.11.2016 - 19:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

Nucleare o idro? E’ giunto il momento di scegliere

di Francesco Maggi

L’Azienda elettrica cantonale (AET) - ex gioiello di famiglia - registra perdite milionarie: 43 milioni di deficit nel 2015. E nel prossimo futuro – se non verranno disattivate le centrali nucleari – non andrà meglio. Lo attestano i prezzi del mercato di riferimento tedesco a lungo termine che rimarranno bassi almeno fino al 2020 (oltre non vi sono ancora quotazioni). In base a questo scenario le perdite cumulate da AET nel periodo 2015-20 potranno facilmente superare i 250 milioni di franchi. Perché siamo giunti a tanto? Alcuni puntano l’indice sui sussidi tedeschi al nuovo rinnovabile, ritenuti massicci. Questa è una risposta semplicistica, ideologica e che non corrisponde alla realtà, ben più complessa. Per citare solo un esempio, il carbone in Europa gode ancora oggi di 40-45 miliardi di franchi di sussidi diretti ai quali vanno aggiunti 120 miliardi di costi ambientali (clima e salute) non coperti e semplicemente ribaltati sui cittadini. Come per il nucleare, la verità dei costi nel mercato energetico rimane una chimera. Le difficoltà attuali delle aziende idroelettriche e nucleari sono da ricercare piuttosto negli errori commessi in sede di sviluppo degli scenari relativi al mercato elettrico, rivelatesi totalmente sbagliati. Le numerose previsioni di forte crescita dei consumi non si sono mai avverate, mentre la crescita del nuovo rinnovabile (sole ed eolico) è sempre stata sottostimata. Così, mentre da un lato si sono stimolate politiche per incentivare le energie pulite, dall’altro si è continuato a investire nelle energie tradizionali e sporche. La stessa AET ha investito 35 milioni nella centrale a carbone di Lünen (Germania) e solo l’iniziativa dei Verdi ‘Per un’AET senza carbone’ ha bloccato un secondo investimento. Dopo anni di investimenti in nuove centrali di produzione e consumi stagnanti il mercato si trova in netta sovrapproduzione. I costi dell’energia sono crollati a 2-3 centesimi al kWh (per chi può acquistare sul libero mercato, non per i piccoli consumatori ancora sottoposti a regime di monopolio), mandando fuori mercato l’idroelettrico - che produce a 4-6 centesimi - e il nucleare che ha costi ben superiori ai 5 dichiarati. La situazione è diventata insostenibile ed è giunto il tempo di decidere. L’avanzata delle energie rinnovabili non è destinata ad esaurirsi, anzi, dopo gli accordi sul clima di Parigi ha ulteriormente accelerato. In molte regioni il nuovo rinnovabile è competitivo anche a livello economico e lo sarà sempre di più nei prossimi anni. In Europa ogni 6 mesi vengono installati impianti che producono tanta energia rinnovabile quanta ne producono le 5 centrali nucleari svizzere. Il prezzo dell’energia sul mercato è quindi destinato a rimanere basso e le difficoltà per il settore idroelettrico sono lungi dall’essere risolte. Unico spiraglio di ottimismo: se il 27 novembre il popolo svizzero deciderà di spegnere, a tappe, le centrali nucleari svizzere. Oggi, la chiusura forzata di Beznau 1 e quella di Leibstadt hanno permesso una ripresa temporanea dei prezzi sul libero mercato (Leibstadt verrà riattivata a febbraio 2017) ridando ossigeno ad AET. Considerata l’attuale sovrapproduzione abbiamo la possibilità di scegliere: o spegniamo a tappe il nucleare o rischiamo di danneggiare per sempre l’idroelettrico. Visto che Ticino e Grigioni sono due cantoni dove la risorsa acqua è da sempre importantissima e a questi benefici si potranno aggiungere i posti di lavoro creati nei settori del solare e della legna grazie alla svolta energetica, non ho dubbi sul fatto che la Svizzera italiana dirà un chiaro SÌ all’uscita pianificata dal nucleare. Francesco Maggi, responsabile WWF Svizzera italiana e capogruppo dei Verdi in Gran consiglio
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