A suo modo di vedere, il problema base viene da come si convincono i calciatori a scegliere una o l’altra maglia, e parte dal caso Rakitic, nato e cresciuto a Basilea, che tutti avremmo visto, come dice Immersi, volentieri in rossocrociato: ma lui ha scelto la Croazia e ora è pronto a disputare la semifinale. "Ciò che interessa alle famiglie di queste famiglie è creare sicurezze ad un paio di generazioni. E forse qui c'è parecchio lavoro che aspetta e che deve essere organizzato con i club di formazione, ai quali interessa evidentemente incassare somme importanti dal trasferimento all’estero del talento. Nel 2007 il coach della Croazia si recò a casa di Rakitic a lo convinse a vestire la maglia a scacchi. A parte le convocazioni, cosa fu intrapreso per vederlo giocare nella nostra nazionale maggiore? Quante volte Köbi Kuhn lo contattò? E l'amico Oliver Neuville? Certo, lui ha scelto il meglio e ha potuto essere protagonista addirittura in una finale dei mondiali. Ma prima di scegliere…? E non aggiungo altro. Ai tempi le convocazioni venivano pilotate dai senatori dello spogliatoio: ecco i risultati. E i doppi passaporti non c'entrano nulla".