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Cronaca
02.02.2016 - 08:280
Aggiornamento: 21.06.2018 - 14:17

I molinari al contrattacco. «Un disegno per far salire la tensione, noi non molliamo»

In un lungo comunicato, gli autogestiti raccontano l'episodio di sabato (dove due musicisti sarebbero stati picchiati e insultati) e sottolineano le similitudini col 2002 e lo sgombero al maglio

LUGANO - Ora parlano loro. I molinari, dopo le violenze di sabato notte contro la Polizia e le polemiche dei giorni scorsi, hanno preso posizione con un lungo comunicato, in cui mettono in evidenza quello che secondo loro è «un disegno per alzare la tensione». «Si sta intensificando la pressione attorno al Centro Sociale, per probabilmente creare le condizioni che giustifichino un intervento di forza. E nonostante il Municipio continui a sottolineare le buone intenzioni, riconoscendo mediaticamente il diritto all'autogestione e a trovare soluzioni alternative, abbiamo sempre più l'impressione che questi rimangono propositi di facciata». Il Municipio, infatti, non ha mai trovato una soluzione concreta, mettendo sul tavolo solo progetti definiti assurdi ma ha rotto il patto di non rilasciare dichiarazioni a mezzo stampa («Bertini o Borradori si lasciano andare a dichiarazioni e a proposte che alzano il livello di tensione e che indicano chiaramente i loro intenti. Portavoce di tale campagna il CdT, sempre stranamente molto ben informato delle cose») e ha intensificato nell'ultimo anno, secondo i molinari, i controlli. Gli autogestiti vedono una similitudine col 2002, quando si arrivò allo sgombro al maglio. «Anche allora il Cantone la provò con la via del ricatto: o smettete con le attività musicali o interrompiamo le trattative e ne subirete le conseguenze (come poi avvenuto con lo sgombero). Oggi il ricatto appare evidente. O accettate le “nostre regole del quieto vivere” o non si va più avanti. Uno strano modo d'intendere il dialogo, imponendo delle regole che peraltro da sempre rispettiamo». Dopo aver sottolineato l'unicità dell'esperienza autogestita, viene chiarito l'episodio di sabato. La tensione iniziava verso l'ora di cena, con un'auto della Polizia che passava di fronte all'edificio, «poi i consueti passaggi serali fino all'arrivo, dietro una segnalazione di una ragazza che era stata allontanata dal Centro Sociale in quanto diventata ingestibile, di vari agenti della comunale che si sono appostati subito dietro il cancello cominciando a controllare in maniera insensata e provocatoria chiunque uscisse. Alla richiesta di smetterla e di andarsene, i poliziotti hanno subito alzato i toni cercando lo scontro. Il tutto si sarebbe potuto risolvere senza problemi e conseguenze, con un minimo di buon senso, se non che un ragazzo viene fermato e portato in centrale - poi rilasciato dopo alcune ore e senza alcuna denuncia a differenza di quello riportato dai media – contribuendo a riscaldare ulteriormente gli animi». Secondo i molinari, due componenti del gruppo che stava suonando «sono stati fermati al di là del fiume da due pattuglie, pistole alla mano, ammanettati, portati in centrale a Lugano, picchiati, insultati – vari gli insulti omofobi (“vi abbiamo arrestati perché avete suonato in quel posto di froci”) - minacciati e trasferiti a Noranco, dove ascoltavano gli sbirri confidarsi che “mancherebbe solo il via dalla magistratura per procedere allo sgombero”». Infine, lunedì una pattuglia, la stessa di sabato, ha minacciato i molinari. Gli autogestiti attaccano il Municipio e il suo progetto del museo, «guarda caso realizzabile entro 4 anni, giusto la durata del futuro municipio" e citano il LAC e i problemi di lavoro in nero, il taglio degli alberi e il campus della SUPSI, errori ben più gravi dei loro. «La situazione si fa difficile e le trattative a suo tempo cominciate sono ormai diventate una pura e semplice farsa, che non risolverà nulla. In 20 anni non abbiamo mai rifiutato il dialogo ma continuarlo ora, in un clima di sparate elettorali, di tensione e di ricatti, sarebbe ipocrita e non ne vediamo il senso» Invitano a lasciare lo spazio all'autogestione, eventualmente in condivisione con altri progetti, ma sottolineano «la farsa della sede del centro sociale sta riesplondendo in una città sempre più allo sbando, che in 20 anni non riesce ad accettare l'idea che un altro mondo esista. D'altronde se il Centro Sociale non l'avessimo occupato saremmo ancora qui a rivendicarlo». Nessun passo indietro, dunque.
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