CRONACA
"Devo andare in ospedale a Milano, ma poi mi impongono la quarantena a mie spese!"
Vive ad Agno, ha subito un intervento chirurgico a Milano, ma non può recarvisi senza restare 14 giorni in quarantena (in una casa, in un hotel o in un luogo indicato dalla Protezione Civile). "E le visita durerebbe un'ora..."

AGNO – La chiusura del confine con l’Italia sta causando problemi non solo a chi vorrebbe ricongiungersi con qualcuno che è dall’altra parte, ma anche a chi oltre confine è (o meglio, sarebbe) costretto ad andare. Il caso di cui vi parliamo è quello di una lettrice che, ovviamente non potendo prevedere quanto successo, prima del lockdown ha subito un’operazione a Milano. E ora ha serie difficoltà a potersi far visitare.

A dicembre è stata sottoposta a un intervento che in Svizzera non sarebbe stato effettuato. “Adesso dovrei fare dei controlli post operatori”, ci racconta.

Potrebbe senza problemi, per motivi sanitari, entrare in Italia. Ma qui scatta il paradosso. Dopo essersi recata in ospedale, per lei (che tra l’altro è cittadina italiana), per lei scatterebbe la quarantena obbligatoria. Dove? Presso un domicilio, che non ha, in albergo o presso una struttura che la Protezione Civile le potrebbe indicare. “E tutto sarebbe spesato da me. La mia visita durerebbe un’oretta, dovrei rimanere in quarantena 14 giorni… assurdo!”, prosegue.

“Ho parlato con una guardia di confine, ho parlato con un comandante e tutti mi hanno detto che la procedura è questa. Lo dice il decreto, che assolutamente non pensa a casi come il mio di gente che deve curarsi. Ho la necessità anche di fare delle infiltrazioni a Milano, come faccio? Dovrei lasciare per due settimane mio figlio e il mio lavoro? Se mi dicessero di stare in quarantena una volta rientrata in Svizzera, lo farei. Ma non a Milano…”

Si è rivolta anche al Dipartimento Federale degli Affari Esteri, che le ha precisato come la norma deriva delle direttive italiane e che dunque l’argomento deve essere affrontato con le autorità della Penisola. Infine, ha contattato l’Ufficio del Medico Cantonale, il quale le ha indicato gli uffici cui rivolgersi in Italia: la risposta è sempre stata la medesima. Serve una quarantena a sue spese.

Teoricamente, si riaprissero i confini al 3 giugno, a quel punto la signora (e con lei chi ha il medesimo problema) potrebbe recarsi a fare le sue visite. Ma tutto, come noto, è ancora un’incognita.

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