“Non finiremo mai di stupirci per quanto accade in questa stagione politica. I numeri della nostra economia sono complessivamente di segno positivo, ma questo sembra dare fastidio, sembra disturbare una parte del mondo politico e dell’opinione pubblica”, esordisce. “Affermare che l’economia ticinese cresce, attira e fa nascere nuove imprese, crea molti più posti di lavoro di quanti ne vengano soppressi nelle aziende in difficoltà (ce ne sono naturalmente), affermare questo viene considerato quasi un reato politico, nella migliore delle ipotesi una mancanza di riguardo verso le persone che hanno perso il lavoro e non riescono a ricollocarsi o verso le piccole imprese che devono confrontarsi con la concorrenza molto pressante di chi viene da fuori confine. Qua e là fa capolino la convinzione che i meriti, l’impegno, le capacità, i successi degli uni siano addirittura la causa dei mali e delle difficoltà degli altri. Sono segnali preoccupanti di un malessere difficile da interpretare, sulle cui cause potremmo soffermarci molto a lungo, e di una sfiducia – non sappiamo bene quanto diffusa – verso l’economia di mercato”.