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13.09.2017 - 20:470
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:43

"Funghi magici contro la depressione? Un progetto che mi preoccupa: una volta finita l'ubriacatura, assunzione sine die? E gli elementi scientifici sono inconsistenti"

Abbiamo chiesto al Dottor Orlando Del Don un'opinione sull'esperimento di cui abbiamo parlato ieri. "Sarebbe una deriva della psichiatria, per fortuna sono pochissimi coloro i colleghi che cadranno nella rete. Le depressioni si curano con la relazione terapeutica, l'unica possibile"

di Orlando Del Don*

Ho preso atto con meraviglia e preoccupazione di questo progetto. A dire il vero più con preoccupazione che con meraviglia, perché non è solo da ora che questi tentativi di asservire la psichiatria e la sofferenza psicologica al mercato, alla farmacologia e alle nuove forme di dipendenza, imperversano ciclicamente nella nostra società.

Peraltro questi esperimenti erano già stati fatti in tempi non sospetti e erano stati giustamente abbandonati e, si sperava, definitivamente accantonati e archiviati dai cultori dell’acido lisergico e affini.

Ma, evidentemente, siccome la storia non insegna mai nulla a nessuno, ecco che ricompaiono ora i nuovi alfieri del riduzionismo mentale oramai appiattito ai suoi costituenti biologici.

Come se l’uomo non fosse più un essere dotato di senso e significato, non avesse più diritto di parola, non avesse più il diritto di esistere al di fuori dei modelli imperanti di funzionamento sociale di massa. Come se la vita di un uomo fosse da ridurre ad un diversivo, un escamotage, un giro di giostra alimentata dal motore di un qualsiasi allucinogeno.

E dopo? Terminata l’ubriacatura momentanea ed effimera di un delirio prodotto dall’allucinogeno di turno ritornare mestamente alla irrisolta questione esistenziale che però più nessuno vorrà accogliere, ascoltare, capire e risolvere, o allora continuare nell’assunzione dell’allucinogeno sine die. Questa la prospettiva meno inquietante, perché non oso nemmeno immaginare l’altro scenario – quello si, allora, uno dei più inquietanti –  che però lascio qui solo immaginare ai più attenti e perspicaci dei miei pochi affezionati lettori.

Per non parlare poi del fatto che gli elementi scientifici di questo progetto sono a dir poco inconsistenti, per non dire nulli! E qui voglio solo aggiungere un dato empirico. In qualità di medico psichiatra sono trent’anni che vedo pazienti di ogni tipo, estrazione sociale, età, cultura, origine, etnia, personalità e genealogia.

In questa mia esperienza sul campo, in prima linea, quanti pazienti refrattari alle cure ho incontrato? Pochissimi! A voler essere magnanimo direi due. E in tutte e due i casi il paziente aveva fatto questa scelta in modo lucido e consapevole … si potrebbe dire con “cognizione di causa”!

Con ciò voglio dire che l’unica cura possibile è la relazione terapeutica, e la psicoterapia rientra fra questi strumenti di cura, assieme al bagaglio terapeutico che accompagna gli strumenti che sono propri e specifici del medico, dello psicologo, dello psicoterapeuta, dello psicoanalista e dei terapeuti della riabilitazione nello loro specifiche declinazioni.

In conclusione, sono sì preoccupato che vi siano gruppi di interesse e individui (fra questi anche medici) che hanno una così scarsa considerazione della sofferenza psicologica dei pazienti psichiatrici e che auspicano questo tipo di deriva della psichiatria ma, al contempo, sono ancora più fiducioso del fatto che saranno in pochi, pochissimi, coloro che cadranno nella rete e si lasceranno ingannare con così poco … e per così poco.

L’inconscio dell’uomo che, ricordiamolo, non è addomesticabile e/o riducibile ai minimi termini dei costituenti molecolari del nostro sistema biologico cerebrale, ha molte risorse potenti e inimmaginabili (ai più) per aiutare l’uomo ad affrontare il possibile e l’impossibile della sua avventura su questa terra, e in quanto tale – vi assicuro – non sarà minimamente disposto a farsi ingannare e mettere da parte. Da nessuno, né ora né mai.

*Psichiatra e psicoterapeuta FMH, Psicoanalista
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