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19.12.2018 - 16:000

"Chi vive nel profondo le fragilità ha qualcosa da dire". La sublime musica di Allevi torna a Lugano

Intervista a 360° con il pianista e compositore. "Se accentui il ritmo del pianoforte, i bambini cinesi iniziano a ballare sulla poltroncina! Ma non posso fare a meno dei miei fan italiani. E del Natale amo..."

LUGANO – È un pianista e compositore dei più famosi e apprezzati in tutto il mondo, ma dietro ai riccioli ribelli, al modo scanzonato e assieme riflessivo nasconde molto altro: un intero universo di pensieri e considerazioni. Il fascino di Giovanni Allevi non sta solo nel modo in cui suona, ma anche in come si pone, in come è.

Domani sarà di scena a Lugano al LAC, per la seconda volta. La prima, dice lui, non è stata memorabile, perché rammenta errori di esecuzione. Il pubblico presente non se ne accorse, tanto sublime fu comunque l’esibizione, però il suo perfezionismo gli chiede un concerto sopra le righe.

Abbiamo scambiato due chiacchiere con lui.

Cos'è la musica per lei? Che ruolo ha nella sua vita?

“La musica è un'entità misteriosa che mi travolge: è in grado di
trascinarmi verso nuovi orizzonti colorati. La musica è anche un
riscatto; attraverso le sue note riscopriamo la parte autentica e
geniale che è dentro di noi, elevandoci dalla quotidianità, fino ad
immergerci in dimensioni mistiche. Mi ha portato ad essere vicino al cuore della gente”.

Non ha mai nascosto i suoi attacchi di panico: la
musica ha un ruolo positivo/negativo in essi? Perché ritiene che chi
soffre d'ansia sia una persona straordinaria?

“Perché chi ha l'ansia, il panico, chi vive nel profondo la fragilità
dell'essere umano, ha qualcosa da dire! Molte persone, dopo i concerti vengono a scambiare un pensiero con me; più sono "scombinate" più la loro anima è sfavillante, e gli occhi brillano di una luce seduttiva”.

Crede nei talent o sono un modo "facile" per arrivare?

“I talent sono tutt'altro che facili! Garantiscono sicuramente una
immediata visibilità, eppure quel riflettore mediatico può subito
spegnersi o rivolgersi ad altro. Per fortuna esiste un'altra via, più
clandestina, in cui l'artista crea dal basso, molto lentamente, un
duraturo rapporto di amore con il suo pubblico. In ogni caso tutto dipende da cosa si agita dentro di te, se senti un desiderio bruciante di cambiamento, se hai l'esigenza di afferrare lembi di paradiso”.

La musica è universale, ma lo è anche il modo in cui la percepisce il pubblico nel mondo? Dove ama suonare in particolare?

“È affascinante il modo religioso ed "interiore" di rapportarsi alla
mia musica del pubblico giapponese. Anche l'accoglienza festosa dei bambini cinesi è sorprendente: se accentui la ritmica di alcuni
passaggi al pianoforte, iniziano a ballare sulla poltroncina del
teatro. L'Oriente mi chiama, eppure non posso fare a meno
dell'abbraccio fisico e "coccoloso" dei fan italiani”.

Ci avviciniamo al Natale, che significato ha per lei?

“Del Natale amo le luci, l'atmosfera gioiosa di festa, l'albero, i
regali. Ma non voglio dimenticare il suo profondo significato
teologico: Dio entra nella Storia nella forma del più fragile degli
uomini, un neonato indifeso”.

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