. Dopo le dimissioni della Consigliera federale grigionese Eveline Widmer-Schlumpf, una parte sempre più consistente del mondo politico ha (finalmente) riconosciuto all’UDC il diritto ad un secondo rappresentante in governo, in particolare alla luce del suo trionfo elettorale lo scorso 18 ottobre scorso. È nato così il cosiddetto “ticket"*. Un’abile mossa dell’UDC per accreditare la sua sensibilità confederale nei confronti delle aspirazioni delle principali regioni linguistiche della Svizzera: un’opzione svizzero tedesca, una romanda e una ticinese. Ma il vero obbiettivo strategico non era difficile da decifrare: portare un romando nella stanza dei bottoni per rafforzare l’UDC nella Svizzera francese, dove i suoi margini di crescita sono ancora considerevoli. Con buona pace del giovane e scattante Aeschi, appositamente indicato come pupillo di Blocher e dello stesso presidente del governo ticinese Gobbi, rappresentante della Svizzera italiana desiderosa di riscatto. I vertici dell’UDC sono così riusciti a confondere un po’ le acque, quel tanto che bastava. E poi, tanto per chiarire agli esclusi dal ticket il loro destino in caso di eventuali sgarri, ecco la clausola di sapore vetero-staliniano: espulsione automatica dal partito per qualsiasi candidato non ufficiale che avesse l’ardimento di accettare un’elezione a sorpresa. Da una parte la pretesa di difendere la “svizzeritudine”, dall’altra lo sprezzo dell’autonomia e della sovranità dell’Assemblea federale, consacrata dalla Costituzione federale, garante virtuosa del nostro modello politico di successo. Ma questa è un’altra storia.