CRONACA
OCST e Unia, «non siamo stati invitati al Frontaday. E sull'ordine del giorno...»
Gli organizzatori lamentano l'assenza dei sindacati. Robbian: «I frontalieri da soli rischiano di essere isolati». Aureli. «È un problema politico, cosa possiamo fare noi?»
LUGANO - Al Frontaday, secondo gli organizzatori, c'erano due grandi assenti: i sindacati. Unia e OCST non hanno infatti preso parte all'incontro, e su Facebook una delle organizzatrici,
Giulia Giovanna Zamborlin
, si è chiesta se non sia il caso di stracciare la tessera.Da noi contattato, il segretario dell'OCST
Meinrado Robbiani
ha specificato come «non siamo andati ufficialmente perché non siamo stati invitati. Preventivamente abbiamo mandato una nota ad alcuni delegati frontalieri, così indirettamente eravamo presenti. E guardavamo con favore ad una riunione in cui i frontalieri approfondissero i temi che li toccano più da vicino».«Sull'ordine del giorno c'era scritto "sindacati assenti"...», commenta dal canto suo
Sergio Aureli
, responsabile frontalieri per Unia. «Non abbiamo neppure ricevuto un invito nei tempi e nei modi canonici. Se dovessimo essere invitati nei tempi e nei modi prescritti dal rispetto reciproco, non ci siamo mai rifiutati di andare da qualche parte».La rabbia dei frontalieri ha fatto dire a molti che desiderano agire, d'ora innanzi, scavalcando i sindacati. «In qualche organizzatore ci sono degli intenti anti-sindacali» conferma
Robbiani
. «Spiace, perché se i frontalieri si unissero, in modo anche più che legittimo, non potranno che farlo attraverso i canali più rappresentativi e con contatti nel mondo economico. A mio avviso un'organizzazione di soli frontalieri non farebbe che isolarli in una sorta di corporazione, sollevando reazioni e attriti in Ticino e penso anche in Italia. Occorre prudenza in questi momenti in cui dei problemi sono generati non tanto da loro ma dalla libera circolazione e il rischio di contrapposizioni e strumentalizzazioni è forte».Secondo
Aureli
si fa confusione. «Il sindacato difende i lavoratori sul lavoro e firma contratti collettivi, la politica firma accordi internazionali, e loro parlano di accordi di politica in campo internazionale. Non capisco che cosa c'entri il sindacato, peraltro svizzero. Laddove abbiamo la possibilità sindacale coi CCL i salari sono dignitosi, ci sono le vacanze, i festivi, i diritti riconosciuti come la tredicesima. Questo fa parte della nostra attività. Per quanto riguarda accordi internazionali l'attore principale è la politica, che ci può contattare come professionisti che spiegano come stanno le cose, ma le decisioni non sanno a noi». Per spiegare gli accordi internazionali, specifica, Unia ha svolto molte assemblee nella zona di confine, «toccando 1400 persone in totale nella sola Provincia di Varese. Prima del Frontaday ne abbiamo fatta una a Viggù con 150-200 persone, abbiamo svolto dei volantinaggi in dogana. Torneremo alla carica informando i lavoratori della situazione, perché l'obiettivo di un'assemblea non è uscire senza sapere nulla ma consapevoli di che cosa sta succedendo».«Siamo sempre disposti a metterci in gioco come sindacato», continua
Robbiani
, in merito al non sentirsi più rappresentati di alcuni frontalieri. «Chi dice così ignora, magari volutamente, quanto fatto finora e quanto si sta facendo, soprattutto sul fronte delle coperture in caso di disoccupazione, una lotta condotta da anni, e su quello della fiscalità, un tema particolarmente sollecitato e dell'assistenza sanitaria, dove abbiamo già trovato soluzioni ai tempi. Abbiamo sempre chiesto equità nei loro confronti nella fiscalità, non mi ritrovo in questo giudizio, ma sono più che disposto al confronto».Anche
Aureli
si dice disposto al confronto. «Gli uffici del sindacato sono aperti quotidianamente, e tutti sanno dove si trovano. Non capisco perché puntare il dito contro di noi. In un accordo di carattere politico non so che cosa c'entriamo noi e che cosa potremmo fare».
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