Ma che cosa direbbe da zio di Damiano e da prete, se si trovasse di fronte quell’uomo? “Gli chiederei che cosa gli è saltato in mente, e se non sa che cosa è successo a Locarno, la sofferenza che c’è stata, le lacrime, il dolore, non solo della nostra famiglia bensì anche delle altre coinvolte. Sono passati 10 anni, che bisogno c’era di riprendere la storia in questo modo? Noi cerchiamo di utilizzare il ricordo di Damiano in modo che la tragedia possa trasformarsi in qualcosa di positivo, che possa far bene alla società ed essere costruttivo, mentre qui stanno distruggendo la società e le persone. E pure chi lo fa si rovina. Perfino come prete, ritengo che quando uno commette una sciocchezza è giusto dirglielo. Il male esiste e va chiamato col suo nome, basta tutto questo buonismo. In un caso simile si parla del vero male, quando si definisce eroe qualcuno che ha ucciso un ragazzo”.