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Cronaca
01.07.2018 - 18:000
Aggiornamento: 02.07.2018 - 09:32

"Il progetto? Accattivante, non fosse che quella proposta c'è già da 20 anni!" I molinari dicono la loro, "peccato se alla fine fosse più semplice farsi complici del Municipio leghista e destroide"

Il Municipio qualche tempo fa ha presentato un progetto da 20 milioni per lo spazio dell'ex Macello. Gli autogestiti: "La loro idea 'popolare', con prezzi non tanto 'popolari'? Una fotocopia istituzionale di quel che già avviene. Se non per quella imposta dall'alto, lo spazio per la cultura non c'è"

LUGANO – Un progetto che potrebbe sembrare interessante, ma che alla fine vuole spendere 26 milioni per lasciare quello che c’è già. In sintesi, è ciò che pensano i molinari, che da anni occupano lo spazio dell’ex Macello, per cui il Municipio luganese ha creato un progetto reso noto qualche tempo fa.

“Non ci ha per niente sorpresx. Anzi. Dopo la batosta del museo di storia naturale assegnato a Locarno e dopo le voci che davano il vice-sceriffo leghista Bertini assiduamente impegnato, durante l’inverno, a convocare i vari gruppi cultural-artistici del luganese per lanciare IL nuovo progetto per l’ex macello, quest’ennesima proposta di ristrutturazione non ci crea particolari malesseri. Anzi, rispetto ai numerosi progetti irrealizzabili e senz’altro senso se non quello della subdola provocazione (dagli alloggi per studenti, alla sede delle scuole medie, a un mercato rionale, fino al museo, costati uno sproposito già solo per la loro progettazione), questa volta potremmo quasi parlare di un progetto a prima vista accattivante. Potrebbe infatti anche essere una buona idea creare un polo culturale “dal basso” e dare finalmente spazio ai tanti attori culturali che, con costanza e umiltà, lavorano sul territorio e che da anni fanno richiesta di uno spazio”, si legge in una lunga nota inviata in redazione.

Non cambia l’opinione del rapporto fra Lugano e la cultura: “con sempre la stessa risposta d’altronde: a Lugano, se non per quella ufficiale imposta dall’alto (o per quella del ciellino ente giovani e affini, che in tutti questi anni nient’altro ha fatto che recuperare le proposte che da sempre l’autogestione propone) per una cultura altra, di spazio non ce n’è! Gli esempi sono lì da vedere: dal trasloco che si vorrebbe imporre al MAT, alla distruzione del Cittadella per far spazio a un condominio per anziani proposto dal solito Botta, dai tanti problemi fatti al progetto Morel, alla retata al Tra, alle tante esperienze ricondotte nei termini dell’uniformità. Ce lo raccontava recentemente il  fondatore del Mummenschanz Mask Theater, ospite per una performance al Molino in maggio, come già negli anni settanta si vide rifiutare l’ex macello quale sede per le sue improvvisazioni teatrali”.

Tutto bene, dunque, all’ex Macello? Mica tanto. “Ma appunto, al di là dell’accattivante, l’ennesimo tentativo di cambiare destinazione all’ex macello, non ha niente. Sicuramente nulla di quel “popolare” (nel senso di voler ridare il macello alla popolazione) tanto urlato dal municipio. Cioè… spendere 26 milioni (quante cose si potrebbero fare per la “cultura” con ventiseimilioni? Quante sale? Quanti spazi?) per l’ennesimo privilegio culturale d’élite, con prezzi non propriamente “popolari”, alloggi studenteschi da università semiprivata, caffè culturale radikal-chiccoso, ecc., ecc., per, di fatto, creare una pseudo fotocopia ufficiale, legalizzata e di haute gamme di quello che già avviene, settimanalmente e gratuitamente o quasi, negli spazi del Molino”, tuonano i molinari.

“Al contrario, se davvero si trattasse di un laboratorio culturale dal basso partecipato e innovativo, sarebbero in primis gli stessi partecipanti a mettere in dubbio la natura di tale progetto, già deciso nelle stanze dei bottoni. D’altronde un po’ ingenuamente ci viene da chiedere come mai parte dei suddetti attori si prestino con tanta disinvoltura al gioco ipocrita del comune, rivendicando l’utilizzo di uno spazio dove un progetto (anche culturale) già esiste da oltre 20 anni. Perché non pensare invece a un altro spazio? A nuovi territori? A una nuova occupazione? O sarebbe chiedere troppo?”, proseguono, spiegando come progetti interessanti ce ne sono, vedi il MAT.

“Sarebbe peccato se alla fine risultasse più semplice farsi complici delle speculazioni di un municipio destroide e leghista, accettando così di far parte di quell’inferno dei viventi – di cui parlavamo già nel libro dei 10 anni del Molino, citando Le città Invisibili di Italo Calvino – al posto di saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”, concludono.

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