CRONACA
La sofferenza delle prostitute. "Alcune vogliono farla finita, si sentono sole, chiedono perdono"
Don Feliciani rincara la dose. Anche Kathy Bonatti qualche tempo fa lo disse, "non è un lavoro come gli altri. Anche chi lo sceglie liberamente, lo fa solo in apparenza"

CHIASSO – Don Giancarlo Feliciani rincara la dose. Dopo aver fatto scalpore con un’omelia in cui contestava il fatto che in Svizzera le porte a suo dire sono aperte per le prostitute e non per i migranti, torna a parlare di lucciole.

A suo dire, chi esercita la prostituzione è sfruttato. E lo ribadisce in un’intervista di ieri a tio.ch. “È inutile dire che la prostituzione è il mestiere più vecchio del mondo, solo per metterci a posto la coscienza. Queste ragazze spesso sono sfruttate. E nella maggior parte dei casi sono donne disperate. Il mio è un discorso umano. Il vero peccato non è il piacere del sesso. Assolutamente. In questo caso è lo sfruttamento della miseria altrui. In Svizzera c'è la schiavitù del sesso. E tutti ne siamo complici. I profughi che fuggono dalla guerra e dalla fame non li vogliamo. Mentre permettiamo che queste povere donne finiscano nelle mani di uomini senza scrupoli”.

Qualche prostituta va anche in Chiesa, l’arciprete le conosce. Qualcuna desidera farla finita, si sente sola o chiede perdono. “Alcune vengono in chiesa a confidarsi. Molte volte piangono. C’è anche chi viene a messa. Poi spariscono. Perché vengono spostate. Capita che ritornino. Per poi andarsene di nuovo. Vivono nell’angoscia, nella paura delle malattie, non si sentono persone. Anche perché la maggior parte del tempo la trascorrono nei loro appartamenti o nelle loro stanze. Si sentono oggetti”.

A fine gennaio, prendendo spunto da una discussione politica, sul tema prostituzione TicinoLibero intervistò la Life coach e consulente in sessuologia Kathya Bonatti. “Non è possibile generalizzare, dipende dalle storie di vita: c’è chi lo fa per soldi, chi non ha reale stima di sé, chi ha subito abusi, chi lo fa per scappare da una condizione economica molto povera”, ci disse, affermando che non è comunque un lavoro come gli altri, che in ogni caso lascia un graffio nell’anima. “Spesso le prostitute con cui ho parlato negli anni sono persone che scelgono liberamente (tranne chi entra nel racket internazionale ma è un altro discorso) solo in apparenza. Dal punto di vista interiore, se si scava un po’, sono persone che hanno avuto dei traumi. Hanno subito spesse volte degli abusi sessuali, ed è quello che ho incontrato nella mia esperienza”.

Una solitudine e una sofferenza, anche quelle che poi arrivano dopo un po’ (“si arriva al punto che i gravi errori commessi dal punto di vista emotivo non vengono più retti. Come mai si prende coscienza? La mente dice bugie, il corpo no. Nella vita di ognuna può esserci un episodio scatenante. Si trovano per esempio a non avere amici attorno, a vivere in una città da soli, a fare qualcosa contrario alla dignità, oppure al fatto di rendersi conto di aver fatto qualcosa di grave da cui non si può tornare indietro”), diversa da quella descritta da Don Feliciani.

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