CRONACA
L'altra faccia della medaglia. "Vivo in 'quei' quartieri. Però ci sono solidarietà e amicizia"
"Sono un precario: un po' di manutenzione in più ci vorrebbe. Ma a me va bene così. E escludere chi ha problemi è creare ghetti. Risse? Andate in altri paesi europei"
foto da Facebook

LUGANO – Dopo il caso Pregassona, che ha letteralmente sconvolto il Ticino, piovono atti parlamentari. A livello comunale e cantonale ci si preoccupa dei poveri, di chi rischia di finire nel degrado. Uno dei temi direttamente collegati è quello dei palazzi a prezzi modici, spesso appartenenti alle stesse persone che magari lucrano su chi ha delle difficoltà e dunque ha l’affitto pagato dalle prestazioni assistenziali.

Ma come spesso non è tutto oro quel che luccica, non è tutto da buttare, anzi, anche in questi quartieri cosiddetti popolari. È quello che vuol far intendere un utente Facebook (nome ovviamente noto alla redazione, ma non diciamo nulla di nuovo visto che il post sta circolando ampiamente), che lì ci vive ed è orgoglioso dei vicini, della vita che si è creata. L’altra faccia della medaglia, insomma.

Ecco le sue parole:

”Da più di tre anni vivo nelle “case del '48” in Via Trevano a Lugano e, da lavoratore precario quale sono, è per me molto importante poter beneficiare di un'abitazione a prezzi contenuti. Scrivo questo testo perché la narrazione che in questi giorni è stata fatta del quartiere è completamente fuorviante. 

Si parla di catapecchie che cadono a pezzi e di gravi situazioni di disagio sociale. Forse è vero, un po' di manutenzione supplementare potrebbe essere utile e d'inverno è un po' difficile scaldare, ma è anche vero che Lugano è piena di appartamenti ben rifiniti ma a prezzi inarrivabili. 

Qui, in via Trevano, le pulizie degli spazi comuni vengono eseguite regolarmente, così come la manutenzione del verde: niente fronzoli certo, ma a me va bene così!

Una città sana deve saper accogliere abitazioni accessibili, a comfort variabile, e non solo appartamenti di “super lusso” in cui le persone normali non possono abitare.

Il quartiere ideato dagli architetti Tami è invece è estremamente vivibile, piacevole e ricco di fascino. Gli spazi abitativi sono ampi, ben pensati, luminosi e confortevoli. 

Nel tempo ho potuto creare una rete di relazioni e di rapporti con i vicini rara da trovare in una città come Lugano. Cito per esempio i pranzi che vengono organizzati spontaneamente nel prato dietro alle case, penso per esempio all'inquilino che lavora nell'agricoltura e distribuisce gratuitamente frutta e verdura “di avanzo” a chi lo desidera. 

Penso ai mobili che mi sono stati regalati dalla famiglia che abita “due porte più in là” e alle piacevoli chiacchiere nelle sere d'estate scambiate nel cortile. Penso ai bambini che giocano nel campetto, e i giovani che si allenano facendo “parkour” tra i muretti di cemento armato.

È vero che il quartiere ospita anche persone che, nel corso della loro vita, hanno avuto delle difficoltà, ma il fatto di voler escludere queste realtà dal proprio quartiere è un meccanismo pericoloso e che rischia di creare ghetti. 

Non mi sono mai trovato in situazioni di disagio, e qualche rissa, qualche litigata e qualche schiamazzo (anche notturno) penso che faccia parte della normale convivenza cittadina. 

Invito chi descrive questi caseggiati come un “Bronx” a farsi un giro per le periferie di qualsiasi grande città europea, poi ne riparliamo”.

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