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Cronaca
07.01.2023 - 11:000
Aggiornamento: 17:30

Un'altra famiglia che rischia di doversene andare. "I bambini hanno la loro vita qui, dallo sport ai nonni"

Mezhde è cresciuta nel nostro paese, poi l'amore l'ha riportata nel Kurdistan iracheno, da cui lei e il marito sono fuggiti a causa di minacce di morte. "Lo credevano una spia. Io avrei potuto avere il passaporto, ma poi..."

LUGANO - Un'altra storia legata a una famiglia che deve andarsene, una raccolta firme da parte degli amici, l'angoscia di non sapere dove andare perchè casa è qui. Dopo il caso finito felicemente per mamma e figlia in Verzasca (leggi qui), ora sotto i riflettori c'è la vicenda di Mezhde, di suo marito e dei suoi figli di 8 e 4 anni. 

Una storia singolare perchè la donna, del Kurdistan iracheno, ha vissuto in Svizzera sin da ragazzina, senza però riuscire a ottenere, diversamente dalle sue sorelle, la nazionalità svizzera. "Nel 1991 (durante la Guerra del Golfo, ndr) i miei genitori sono scappati in Iran e io sono nata in un campo profughi, a differenza delle mie sorelle più giovani che sono nate in ospedale a Duhok e hanno un regolare atto di nascita. Io no", spiega a La Regione. Un passaporto che avrebbe fatto senza dubbio la differenza.

E che probabilmente sarebbe comunque arrivato, nel tempo. Ma poi l'amore ha spinto Mezhde a tornare in Iran, dove si è sposata, perdendo il diritto a chiedere il passaporto rossocrociato.. Il marito aveva un buon lavoro e dunque non hanno pensato di tornare in Europa, sino a quando nel 2017 l'uomo, impiegato per una società petrolifera, ha cominciato a ricevere minacce di morte. C'era già la guerra civile ormai da tre anni ma i problemi sono cominciati quando qualcuno ha iniziato a credere che lui fosse una spia.

A questo punto, i due sono partiti, non verso la Svizzera, dove si recavano comunque almeno ogni sei mesi a trovare i parenti, bensì in Germania. Nel 2018 poi l'arrivo nel nostro Paese e la richiesta di asilo politico. Nel 2020 la SEM aveva negato il permesso. La famiglia (nel frattempo era nati i figli: il primo ha ora 8 anni, il secondo 4) ha impugnato la decisione e ha continuato la sua vita. La decisione negativa del Tribunale amministrativo federale (Taf) è arrivata un mesetto fa e entro lo stesso lasso di tempo l'uomo, la donna e i bimbi dovrebbero tornare in Iran.

Una zona sicura? "LIraq non è nella lista dei Paesi sicuri stilata dal Dipartimento federale di giustizia e polizia ma la prassi giurisprudenziale del Taf negli ultimi anni attesta che nel Kurdistan iracheno ci sarebbe sicurezza. Ma questa tranquillità è solo su carta, sono Paesi molto instabili, basti vedere cosa sta succedendo ora in Iran", ha spiegato l'avvocato Iglio Rezzonico, che come spesso accade in casi del genere sta seguendo la famiglia.

Oltre a ciò, ci sarebbe l'incognita di lasciare quella che è considerata a tutti i sensi la propria casa. Il primo figlio vive a Lugano da quando aveva 3 anni e la mamma racconta di come ora abbia paura che la Polizia venga a portarli via. Il secondo è nato qui. Il TAF sostiene che ai piccoli siano state insegnate soprattutto le tradizioni irachene, ma "oltre che un pregiudizio, è falso: sono ultra-integrati. Ma come tutta la famiglia del resto", afferma Mezhde. "I bambini hanno la loro vita qui, qui hanno i nonni e le zie, qui hanno gli amici, la scuola, lo sport. Io stessa, essendo cresciuta qui, con loro parlo italiano. Le mie sorelle idem. Non hanno approfondito come viviamo veramente".

Lei e il marito lavorano e sono economicamente autosufficienti, anche se ora hanno paura che venga loro impedito di farlo. 

Amici e parenti stanno raccogliendo firme per chiedere di lasciare qui la famiglia: sono già a quota 550. Nel mentre, l'avvocato ha depositato una richiesta di effetto sospensivo al Consiglio di Stato.

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